CASTAGNETO CARDUCCI (LI) – Diciamolo subito: ci voleva. Sì, che il Consorzio di Tutela Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, in rappresentanza di uno dei distretti vitivinicoli più cool dell’intera galassia, concedesse uno spalto speciale ai vini più rappresentativi del territorio. L’azzeccatissima kermesse Bolgheri DiVino ha costituito l’occasione ideale, ed è così che ha preso forma la grande degustazione in anteprima dei Bolgheri Superiore, svoltasi al Castello di Castagneto Carducci nel mese di settembre.
In scena l’annata 2019, i cui portavoce liquidi usciranno sui mercati a partire dal gennaio 2022. Una bella opportunità, non c’è che dire, e perfettamente organizzata fra l’altro, per godersi una panoramica di tutto lo scibile bolgherese (che ridendo e scherzando annovera di già una sessantina di aziende), con il simpatico corollario delle degustazioni itineranti che nel corso della giornata hanno consentito agli astanti di approfondire l’argomento a diretto contatto con i produttori stessi, distribuiti in diverse cantine del territorio e presenti per l’occasione con i Bolgheri Rosso 2020.
Un quadro d’insieme che, bicchieri alla mano, ha senza dubbio giovato alla comprensione di un territorio ormai sulla bocca di tutti, che ha fatto tanta strada bruciando persino le tappe e che nell’immaginario collettivo resta marchiato a fuoco come territorio di rossi che “tirano”, nomea per molti versi lusinghiera e agevolatrice, per altri versi insidiosa, dacché ci si aspetta sempre il meglio.
E forse è proprio in ragione di questa “connaturata” ambizione che, prova che ti riprova, i produttori bolgheresi vanno convincendosi sempre più dei propri mezzi, al fine di conquistare approdi di espressività che mostrino una quadra più evidente rispetto a un tempo. D’altro canto lo stimolo al miglioramento continuo costituito da certi apripista (leggi Sassicaia) è pietra di paragone e criterio di confronto per chiunque si affacci all’universo Bolgheri, e rapportarsi “con l’alto”, si sa, fa sempre bene.
Così, una sensibilità interpretativa nel frattempo fattasi più adulta (incoraggiata peraltro da alcune entreprises artigianali e a misura d’uomo) va finalmente associando, nei vini, una maggiore caratterizzazione alla consueta perizia tecnica, innescando un processo generalizzato di crescita che costituisce un fenomeno sicuramente apprezzabile e oggi percepibile. Certo è che vi sono “manici” e “manici”, ma soprattutto territori e territori. E i vini, questo gap in origine, continuano a rappresentarlo con coerenza.
Quanto al millesimo 2019, le temperature sia invernali che primaverili sono state più fresche del solito. Il ciclo vegetativo è partito in ritardo per poi recuperare a partire da giugno in poi, quando le temperature hanno decretato le sorti di un’annata rubricabile come calda, con clima soleggiato e stabile fino a settembre. Il fatto che si provenisse da una annata non siccitosa come la 2018 è servito ad attutire gli eccessi e a garantire una buona gestibilità.
Quanto alla degustazione, se c’è un aspetto passibile di miglioramento, fra i cento ben risolti, questi è l’omogeneità delle campionature, dal momento in cui erano presenti sia vini imbottigliati che non, con tutte le immaginabili conseguenze in merito ad amalgama, digestione del rovere ed equilibrio espositivo. Si andava dai campioni da vasca ai campioni di botte (o barrique), fino agli imbottigliati, e fra questi c’erano presumibilmente quelli con 1 mese di bottiglia e quelli con 5 mesi di bottiglia “sulle spalle”.
E con questo cosa voglio dire? Che nella lenzuolata di commenti che seguono va messo in conto un non detto, e cioè che il grado di leggibilità di alcune campionature non era tale da farne comprendere al meglio le reali potenzialità. Al punto che laddove questa leggibilità è risultata troppo ostica ho preferito tacere, evitando commento e citazione. In tutti gli altri casi è necessario fare una piccola tara e concedere semmai un’apertura di credito per ogni apparente zoppìa nelle descrizioni di merito: l’approdo, la permanenza e la maturazione in bottiglia non potranno che partorire equilibri migliori, illimpidendo disegno ed articolazione.
E se la tentazione “apolide”, in puro stile internazionale, qua e là persiste e affiora veicolando gli assetti e imprimendo accenti omologanti ai vini (vini che, d’altronde, da vitigni internazionali discendono), la volontà di approdare a nuove soluzioni stilistiche, di calcare meno la mano in campagna e in cantina, di proporre variazioni sul tema (foss’anche nell’utilizzo dei vasi vinari o dei contenitori per l’affinamento), sta facendo emergere un orizzonte di diversità quanto mai stimolante per delineare un futuro all’altezza.
FABIO MOTTA- Bolgheri Superiore Le Gonnàre 2019
Bei profumi dai risvolti speziati, molto Bordeaux-style. E’ elegante, brillante nello sviluppo, di speciale compostezza, con una coloritura salmastra ringalluzzente. Ottimo!
Fonte: Fernando Pardini - AcquaBuona.it