Antonio Camillo Vini di Territorio: così recita l’etichetta apposta sulle bottiglie del vignaiolo, icona del ciliegiolo di Maremma.
Ma quale territorio? Geograficamente è la Maremma più interna, con i vigneti sparsi per i comuni di Manciano, Capalbio e Pitigliano. In prevalenza vecchi vigneti, presi in affitto, scelti per la loro ubicazione “storica”. Vigneti di territorio, messi a dimora decine di anni fa nei luoghi più vocati. Si tratta spesso di vigneti promiscui, in cui coesistono più varietà di uva, testimoni di una tradizione che poggiava su un concetto di “(bio)diversità” molto efficace e funzionale: la pluralità varietale, nel breve periodo, arriva dove la singola uva da sola non riesce. Una testimonianza naturale, al di fuori di ogni significato filosofico o esistenziale, che uno conta per uno, e che l’unione conta per cento. Ed è in questi vigneti che filari di ciliegiolo, si alternano a filari di sangiovese, e a filari di grenache. O che insieme a viti di trebbiano, ansonica e malvasia vi siano filari di carignano. Vitigni non di territorio (grenache e carignano) verrebbe subito da pensare, ma la loro presenza diffusa e radicata qui da generazioni li rende a tutti gli effetti parte dell’ambiente, a pieno diritto cittadini di Maremma.
Antonio Camillo nel vigneto di Montarlese, dove vecchi filari di grechetto, chardonnay e trebbiano sono stati sovrainnestati con marze di grenache e carignano.
Ed è qui che si innesta il nuovo progetto di Antonio Camillo, nuovo ma dalle fondamenta antiche. Quello sulla grenache e sul carignano. “Un racconto di ricerca e sperimentazione che mette in luce un’altra Maremma”. Una Maremma che è parte del Mediterraneo e che accoglie vitigni originari di altre zone che si affacciano su questo mare. In un momento storico, in cui il concetto di territorio applicato al vino si fa sempre più ristretto, focalizzato, parcellizzato, pensare ai propri vini con una estensione mediterranea, più che controcorrente, è un pensiero che dà i brividi.
Elegia Mediterranea è stata l’occasione per ascoltare il viaggio di Antonio verso la conoscenza di questi vitigni mediterranei. Assaggiare tutti i vini frutto di questa navigazione fino ad oggi imbottigliati, scalo dopo scalo, approdo dopo approdo, ha messo in luce un viticoltore nudo. E il suo coraggio di raccontarsi senza filtri attraverso quei vini, anche quelli frutto di errori e che mai saranno messi in commercio.
Tinto di Spagna o Grenache
Tinto di Spagna è il nome con cui è nota la grenache in Maremma ed è questo il nome che compare in etichetta. Le uve provengono dal vigneto di Montarlese in cui la grenache è stata sovrainnestata sulle vecchie viti presenti. Parte delle marze provengono da piante molto vecchie, che Antonio nel 2015 salvò dall’estirpazione andandosele a prendere, insieme a un amico che le mise a dimora nel suo terreno. E quelle viti adesso ringraziano e ricambiano.
La 2015, frutto delle uve di quelle piante monumentali ha dato un vino pazzesco, di cui se ne hanno solo 150 bottiglie. Grazie a quel vino adesso esistono le due annate 2021 e 2022, dalle uve di Montarlese, imbottigliate e messe in commercio. Vini pieni di energia, inclusivi, generosi nel frutto, avvolgenti e giovani. La bontà del tuo Tinto di Spagna, caro Antonio, raggiunge livelli inattesi e sorprendenti, segui la rotta e avanti tutta.
Grané, il Carignano
– “Poi ci sono due filari di Grané!“ continuava a ripetermi Cingolo prima che prendessi in affitto la sua vigna. E io proprio non riuscivo a capire di che parlasse– racconta Antonio –poi grazie all’aiuto di un amico ampelografo abbiamo scoperto che si trattava di Carignano. E decisi di vinificare quei due filari separatamente-. Era il 2016. Una microvinificazione, così come quella del 2018, ha dato in entrambi i casi, vini embrionali, con imprecisioni anche marcate dovute proprio alle condizioni della vinificazione stessa in damigiane, ma già da allora i vini hanno rivelato un potenziale di acidità incredibile, di polpa, che per Antonio ha giustificato lo sforzo di continuare. La 2020 avrebbe dovuto essere la prima annata di Grané a uscire, con una produzione di circa 700 bottiglie. Ma quel vino è sempre tutto lì in cantina e lì resterà, Antonio non né è convinto e non vuole farlo uscire perché trova la 2020 “legnata”. Un bellissimo modo per ammettere che la maturazione in tonneaux anziché elevarla l’ha coperta. Sbagliando si impara e da allora il Carignano matura bello in cemento con buona pace di Antonio e tanta felicità per i nostri palati. Quindi in commercio per ora c’è la 2021, correte a comprarla, e quando pronta uscirà anche la 2022. Correte a comprare anche quella.
Toscana IGT Mediterraneo 2023: l’ultimo nato, la prima annata di produzione. Frutto dell’assemblaggio di ciliegiolo, grenache e carignano. Provenienze diverse delle uve e vinificazioni separate. E’ in questo vino, che già a partire dal nome, si compie il concetto di vino mediterraneo. E’ un vino frutto di mescolanze che trova grazie alla promiscuità di uve un equilibrio immediato, prontezza di beva, esplosività di sorso e anche una piacevole lunghezza.
Un vino buono, vero e dal forte valore simbolico. Antonio a deciso di devolvere 30 centesimi per ogni bottiglia venduta di Mediterraneo alla Life Support di Emergency ONG ONLUS che opera in soccorso dei naufraghi del Mediterraneo.
Fonte: Sabrina Somigli - LeonardoRomanelli.it