Le birre artigianali italiane che mi hanno cambiato la vita
Vabbè, si fa per dire. Il senso di questo post è infatti quello di condividere quelle che sono state negli anni le birre italiane che più hanno contribuito a formare i nostri gusti di oggi. Tappe di un percorso in continua evoluzione, non le più buone o le più significative ma quelle che per un motivo o per l’altro hanno segnato un momento particolare. Un post nato qualche settimana fa dalla più classica delle chiacchierate fatte al bancone del pub assaggiando un po’ di questo e un po’ di quello. Un pezzo che peraltro non può che completarsi con anche il vostro contributo, non esitate quindi: curiosissimi di sapere quali possono essere state le vostre “tappe fondamentali”. Tutte birre che magari sarà possibile riassaggiare il prossimo weekend a Roma, a Fermentazioni. Dai che ci si vede lì.
BIRRA PERUGIA, CALIBRO 7
All’invasione degli ultra-luppoli che ha investito il mondo della birra negli ultimi anni non ero forse preparato, tant’è che dopo qualche cocente delusione me ne sono prudentemente tenuto a distanza. Ci èvoluto un birrificio locale per farmi cambiare idea e tornare a piccoli passi ad apprezzare l’intensità e la potenza delle migliori American Pale Ale italiane. Era l’estate del 2014 e Birra Perugia aveva appena messo in produzione un piccolo ordigno con il contributo di 7 diverse varietà di luppolo provenienti da mezzo mondo: ovviamente Stati Uniti (Chinook, Citra, Galena, Mosaic) ma anche Nuova Zelanda (Motueka), Australia (Galaxy) e Giappone (Sorachi Ace). Il risultato nella sua esuberanza continua ancora oggi a funzionare egregiamente, si tratta infatti di birra che alla sua esplosione di profumi–agrumie frutta tropicale su tutti–affianca una silhouette mai stanca, piacevolmente fresca e dal sorso appagante, che richiama il successivo. Una di quelle da bere con gli occhiali da sole.
Fonte: Intravino