Abbiamo intercettato su Facebook questo interessante report scritto da Marco Scarpa su una degustazione che si è tenuta ad Ein Prosit, in quel di Udine, qualche giorno fa e dedicata ai Cerasuolo d’Abruzzo nella loro accezione artigianale. Lo riportiamo qui per intero, grazie Marco! (jc)
Sabato scorso ad Ein Prosit ho partecipato a una degustazione focalizzata sul Cerasuolo d’Abruzzo, curata da Jacopo Cossater. Tra molte altre degustazioni altisonanti, ho prediletto questa perché ritengo ancora sottostimata la produzione e la valorizzazione di questo vino e, soprattutto, perché spesso mi intriga e mi piace molto il Cerasuolo per la sua bontà unitamente alla sua identità. Come ricordava Cossater, le uniche due categorie di vini in crescita nel mondo sono gli spumanti e i vini rosati. E lo sappiamo che siamo dentro a una nuova ondata molto attenta a vini rossi più leggeri, beverini, che sanno coniugare delicatezza e gusto.
Il Cerasuolo corrisponde esattamente a questo trend essendo, spesso, molto più di un “semplice” rosato e, a volte, indistinguibile (alla cieca) da un vino rosso, ma comunque alla ricerca di quell’equilibrio tra sostanza e leggiadria. Per fare un paragone, nel sud della Francia ci sono alcuni produttori che stanno vivendo un autentico assalto alla diligenza con alcuni vini rosati di grande intensità e carattere (Anglore in testa) e le bottiglie vanno a ruba. Qui invece si fatica ancora a trovare in molti ristoranti anche un solo Cerasuolo in carta, tralasciando i ristoranti di alcune regioni del Centro Italia. Per me, un paradosso. Tra l’altro, sempre Jacopo Cossater ricordava che quella del Cerasuolo d’Abruzzo è la prima denominazione esclusivamente dedicata a un vino rosato.
Prima di passare alle mie impressioni sui vini bevuti, una minima critica: 6 vini su 8 erano dell’annata 2024 quindi messi in commercio da pochissimi mesi. Uno era 2023 e uno 2022. Ed è un vero peccato perché questi vini, soprattutto le bottiglie selezionate, tutte di produttori meritevoli e ingegnosi, hanno un potenziale di espressione di parecchi anni e il loro compimento non è certamente dietro l’angolo.
Anzi, il Cerasuolo, almeno per me, andrebbe bevuto con qualche anno sulle spalle. Mica tanti, per capirci, ma almeno un po’ di riposo in bottiglia non può fargli che bene. Altrimenti il rischio è di intuire solamente il suo potenziale e percepire solo accenni delle sue caratteristiche, magari in fasi ancora crude e troppo giovani. In sintesi, va benissimo una degustazione del genere per una ricognizione sull’annata in commercio, magari per addetti ai lavori, ma per conquistare nuovi adepti del Cerasuolo a mio avviso sarebbe stata azzeccata qualche annata con un po’ più di profondità. A maggior ragione trattandosi di bottiglie di stampo poco interventista ma tutte con un po’ di solforosa aggiunta, che tiene parecchio a bada una certa libertà d’espressione.
Praesidium – Cerasuolo d’Abruzzo Terre Aquilane Superiore 2024
Viti di media di 25 anni sui 400/500 metri s.l.m. su terreno argilloso, ricco di scheletro con sostanza organica elevata, coperto da ciottoli silicei rivestiti da una bianca crosta calcarea. Fermentazione spontanea in botti di acciaio con macerazione di circa 2 giorni (tecnica del salasso). Affinamento per almeno 5 mesi in acciaio e imbottigliamento a giugno. Nessuna filtrazione. Nessuna chiarifica. Circa 11.000 bottiglie prodotte.
Partiamo da un dato: 15 gradi. Jacopo Cossater riportava un confronto con il produttore il quale sosteneva la scelta di vendemmiare a piena maturazione anche a costo di arrivare ad alte gradazioni. Nel suo sembrare quasi eccessivo sa invece diventare velluto, sanguigno e grasso, con una morbidezza che non si accomoda. Le impressioni, per la cronaca, raccontano della polpa, di un frutto colmo, di ciliegie e uva passa. Sicuramente il più “ingombrante”, anche il più profumato, esondante nella sua pienezza e, alla cieca, si potrebbe dire di avere tra le mani un piccolo grande Montepulciano.

