A sud-est di Montalcino, vicinissima alla Tenuta Greppo di Biondi-Santi, Caterina Carli vive e lavora in un magnifico edificio rurale del XIII secolo appartenuto alla curia e rilevato nel 1972 – suo stesso anno di nascita – dal padre Alberto, notaio, desideroso di uno spazio dove sentirsi in intima connessione col luogo. Data la posizione in cima a un poggio, venne facile battezzarlo Il Colle. Piantò subito tre vigne da un ettaro ognuna: Vigna Casa e Matrichese, placidamente accomodate in fronte all’abitazione, e Bosco, una radura non lontana circondata da cerri e lecci raggiungibile solo in fuoristrada. L’intento era produrre vino per sé e per gli amici, diletto e insieme mezzo per rinsaldare legami. Nel 1998, intuendo l’energia del sito, ritenne di dimorare altri quattro ettari di Sangiovese a Castelnuovo dell’Abate, a loro volta suddivisi nelle parcelle Pozzi, Ponte e Ciliegio.
Nonostante gli studi economici e l’avvio di una promettente attività di commercialista, Caterina decise non ancora trentenne di prendere in mano le redini dell’azienda dando seguito a una vocazione manifestata fin da bambina. Decisiva nella sua formazione è stata la frequentazione di Giulio Gambelli. Da questo personaggio irripetibile, i cui insegnamenti risuonano tuttora nitidi per acume e lungimiranza, Caterina ha tratto due capisaldi: l’imprescindibile qualità della materia prima e l’importanza di dare a essa il tempo necessario per sviluppare in pieno la propria unicità. Qualsivoglia accelerazione rispetto alle esigenze dei vini in affinamento, variabili di anno in anno, costituirebbe una forzatura irrispettosa e perciò deleteria. Corollario di un simile approccio basato sull’attesa è il rifiuto di ogni protocollo che scandisca rigidamente tempistiche e manipolazioni; si applica qui, di contro, una sorveglianza fiduciosa che metta a frutto il rigore agricolo attraverso la plasticità nell’accudire.
Fedele all’opinione del suo mentore, Caterina è sempre stata parca nell’assegnare il titolo di Riserva al Brunello, pur dispensando premure che consentirebbero costantemente di definirlo tale.
Alla rigogliosa libertà che balza agli occhi nelle vigne fa da contrappunto l’articolato ordine della cantina, dove botti in rovere di Slavonia da 30 e 50 ettolitri ospitano separatamente le vinificazioni dei diversi appezzamenti. Le fermentazioni sono spontanee senza controllo di temperatura, con macerazioni che possono protrarsi fino a un mese; si effettuano rimontaggi all’aria limitando al minimo i travasi. Le soste nei legni oscillano tra 18 e 20 mesi per il Rosso, tra 42 e 48 mesi per il Brunello. Gli assaggi dei 2023 e 2024 in fieri esprimono con minuzia di dettagli un mosaico da cui risalta la formidabile sensibilità del Sangiovese nel riflettere vibrazioni pedoclimatiche, conduzione agronomica e filosofia interpretativa; il suo essere al tempo stesso immediato e cerebrale, goloso e raffinato, partecipe e solenne come forse nessun altro grande vitigno al mondo.
Ci accomodiamo nel cortile di casa in una radiosa giornata di Maggio; tutto, intorno, è governato da una vivida quiete. Condizioni ideali per approcciare una degustazione ma anche prova supplementare per le bottiglie sul tavolo: come tener testa a tanta bellezza? Servono liquidi consistenti, intessuti di armonia e senso della misura, che compendino leggibilità e stratificazione di significati. Striderebbero, in un contesto del genere, tanto il vinello frivolo quanto il vinone ruffiano. L’avvicendarsi dei calici non lascia dubbi sull’immersiva corrispondenza estetica dei vini de Il Colle rispetto al paesaggio che li contiene; rifulge una signorilità che trascende epoche e tendenze. Vini inequivocabilmente ancorati a un’origine e tuttavia comprensibili per chiunque possieda un’elementare capacità di discernimento: non c’è bisogno di essere esperti di Montalcino né di Sangiovese per restare ammaliati dalla loro eloquenza raffinata, concreta, mai autoreferenziale.
Il Rosso 2022, da annata siccitosa, è una molla caricata. Austero e progressivo, sbroglia la fittezza con uno sbuffo vaporoso da cui sale un’aggraziata florealità. La tensione di bocca allunga senza impacci verso un finale generoso e propositivo, in cui risuona un eco di boero. Da aspettare.
La maggior sosta in bottiglia e un millesimo più equilibrato restituiscono un Rosso 2021 caleidoscopico, attraversato da note di anguria, catrame, terra e liquirizia; materia soda, affilata dalla tattilità sassosa ricorrente in tutti i vini dell’azienda. Il bicchiere che vorrei sempre avere sul desco.
Dal 2020 la vigna boschiva è vinificata e imbottigliata a parte per sottolinearne la peculiarità. Il Brunello Separazione Bosco, all’esordio, è intenso di ciliegia e macchia mediterranea incise da sfumature balsamiche. La vigoria di bocca trova sfogo in un tannino deciso ma fine, magistralmente accordato all’acidità. Reclama attenzione con la garbata sicurezza dei predestinati.
Il Brunello 2020, blend delle vigne Casa, Matrichese e di Castelnuovo dell’Abate, compone i caratteri di ciascuna di esse sublimandoli in una sintesi di rara classe. Difficile – forse inutile – tentarne una descrizione figurativa basata su tecnicismi; il sibilo ascendente che lo annuncia s’incarna lentamente in qualcosa di prossimo alla perfezione. Grintoso di animo e delicato di modi, dissimula l’ampiezza che verrà con l’enigma apparente di profumi raccolti, rilanciati da un sorso reattivo e setoso. Una cattedrale in costruzione, già ammirabile per slancio e felicità di proporzioni.
Caterina propone di congedarci con una vecchia annata attinta alla riserva familiare. Chiedo la 1985, passata alla storia per la gelata che tra Gennaio e Febbraio fece ecatombe di viti e ulivi. Una bottiglia impolverata, priva di etichetta, è stappata in silenziosa trepidazione. Appare un liquido trasparente, granato vivo; sgranchisce i quarant’anni con la disinvoltura di un adolescente e in men che non si dica esala suggestioni autunnali e silvestri, dilatate dalla luce infuocata di un tramonto. La matura saldezza è espressa senza colpi di teatro, imprimendosi nella memoria con l’essenziale grazia della classicità. Difficile immaginare un compendio più aderente al sentimento che da mezzo secolo anima le azioni in questo podere incorniciato dalla quiete e dal pensiero.