Che la sua origine sia marchigiana o abruzzese, poco importa. Ciò che conta è che il Pecorino ormai è una certezza nel panorama vitivinicolo del Centro-Italia.
C’è voluto un po’ di tempo per comprendere bene le caratteristiche dell’uva pecorino, ma oggi le aziende riescono a interpretarlo sempre meglio, sebbene il recente innalzamento delle temperature non sia proprio un fattore che aiuti. Infatti il vitigno ha indole montana, predilige le zone fresche e le esposizioni a Settentrione; maturando, concentra velocemente gli zuccheri, rischiando, se non si è attenti all’epoca di raccolta, di portare nel bicchiere vini troppo caldi; fortunatamente si giova di una buona base acida, ma anche qui, il momento della vendemmia è cruciale. Insomma, è un’uva che deve essere trattata con molta attenzione.
Quando, però, i vignaioli riescono nell’ardua impresa (ribadiamo, sempre più ardua) i Pecorino non sono secondi a nessuno: i vini che ne risultano sono dotati di palati saporiti, strutture solide, anche ricche, sostenute da acidità, che in alcuni casi possono essere anche viperine, e sottofondo sapido.
Il Pecorino. Un vino da invecchiamento
Il Pecorino è un vino che non ha paura di invecchiare, come abbiamo avuto modo di riscontrare in una degustazione di vecchie annate realizzata lo scorso anno al Vinitaly: nelle migliori versioni, i sapori si intensificano, gli aromi iniziano a danzare tra spezie e idrocarburi, le acidità sottolineano tutte queste sensazioni. E quindi un consiglio: visto che quasi tutti i Pecorino escono a un anno dalla vendemmia (per capirci, nel 2025 molte aziende usciranno con l’annata 2024), una volta acquistato, vi suggeriamo di non avere fretta di consumarlo: mettetelo in cantina e riprendetelo dopo almeno un paio d’anni se volete godere appieno delle sue peculiarità.
L’origine del vitigno Pecorino
Marcheo Abruzzo? È l’annosa querelle relativa alle origini del pecorino, vitigno centro-italico che da ormai una ventina d’anni è protagonista del comparto bianchista delle due regioni. La storia del vitigno è ben nota: la riscoperta è avvenuta intorno agli anni ’90, dopo che l’uva aveva quasi rischiato l’oblio. Il suo ritrovamento è avvenuto in una zona in cui si incrociano tre regioni, per l’appunto Marche e Abruzzo, e Lazio.
Nel piccolo borgo di Arquata del Tronto, a 1000 metri di altitudine e all’ombra del Monte Vettore un piccolo vigneto semi-abbandonato custodiva l’uva ormai quasi scomparsa altrove. I viticoltori piceni lo adottarono e lo portarono più in basso, sulle colline assolate del territorio accarezzate dalle brezze dell’Adriatico. Quelli abruzzesi, allo stesso modo, intuirono le potenzialità del vitigno e iniziarono a impiantarlo un po’ su tutto il territorio regionale, da Teramo a Vasto, passando ovviamente anche per le aree più interne che risalgono i contrafforti di Gran Sasso e Majella.
Falerio Pecorino Onirocep ’23 – Pantaleone
È una famiglia unita quella formata dalle sorelle Federica e Francesca Pantaloni, dal padre Nazzareno impegnato in campagna e da Peppe Infriccioli, marito di Francesca ed esperto cantiniere. La suddivisione dei ruoli e la lettura del territorio permette di creare una gamma di alto valore, stilisticamente accordata con il microclima freddo indotto dal Monte Ascensione. Ne è perfetto emblema una cristallina versione di Onirocep ’23 dall’intenso ricordo di prato sfalciato, anice, buccia di limone in una bocca dritta, coerente, salina, rinfrescante. Un vino di nerbo e profondità gustativa.