Se dovessimo stilare una lista di quelli che sono i vitigni a bacca nera che vanno per la maggiore nel centro-Italia di certo inseriremmo il sangiovese, il montepulciano, il sagrantino, il cesanese. Ma a queste uve, che sono le più diffuse e protagoniste di diverse denominazioni, anche molto blasonate, se ne accompagnano tante altre a completare un panorama ampelografico che spesso è in grado di regalare belle sorprese. Una di queste è sicuramente il ciliegiolo.
Il Ciliegiolo. Le origini del vitigno
Le origini del ciliegiolo sembra siano antichissime. Qualcuno pensa addirittura sia l’uva utilizzata dagli Etruschi, che abitavano proprio queste zone, per la loro produzione vinicola. Altri invece ritengono che l’uva, il cui nome ovviamente fa riferimento all’analogia olfattiva con la ciliegia, provenga dalla Spagna e sia stata introdotta nel centro-Italia intorno alla seconda metà dell’800 dai pellegrini di ritorno da Santiago de Compostela. A far propendere per un’origine del tutto italica, però, sono gli ultimi studi genetici condotti sulla varietà: infatti sembrerebbe che il ciliegiolo abbia uno strettissimo rapporto di parentela con il sangiovese.
Guai a pensare che sia una sorta di Cenerentola: forse lo era qualche decennio fa, quando veniva utilizzato perlopiù nei blend; ma ora che c’è una rinnovata consapevolezza produttiva, questo vitigno viene vinificato in purezza con risultati davvero intriganti. È diffuso soprattutto in Umbria e in Toscana.
In Umbria viene coltivato soprattutto nelle dolci colline intorno a Narni e Amelia, nel sud della regione, ai confini con il Lazio; in Toscana ha trovato terreno fertile in Maremma, dove nel giro di pochi anni gli ettari coltivati a ciliegiolo per produrre Doc Maremma Toscana sono destinati a raddoppiare; più sporadicamente compare anche tra i filari della Liguria.
Accennavamo a un passato in cui l’uva serviva a completare i tagli. Risale invece alla fine degli anni ’70 del secolo scorso l’iniziativa di alcuni viticoltori di lavorarlo in purezza. A ben guardare come sono andate le cose, la scelta è stata piuttosto azzeccata: lo stile contemporaneo fatto di vitalità fruttata e leggerezza sembra disegnato intorno alle peculiarità del vitigno, che nelle versioni più ambiziose è capace anche di sostenere qualche anno sulle spalle.
Ciliegiolo Vallerana Ala ’22 – Antonio Camillo
Il Ciliegiolo Vallerana Alta ’22 profuma di mirtillo e mora, ad introdurre una bocca dallo sviluppo agile, goloso e scattante. Antonio Camillo, con grande sensibilità, ha saputo leggere le caratteristiche più profonde del ciliegiolo, la varietà più importante per i suoi vini, ricercandone i diversi toni espressivi nella vigna, anzi nelle vigne. Vari appezzamenti presi in affitto da vecchi contadini nelle zone più remote della Maremma, da Capalbio a Manciano, da Montemerano a Pitigliano, recuperati dal passato e riportati nel presente. Una vera e propria operazione di archeologia viticola, che oggi prosegue con nuovi protagonisti, come il grenache e il carignano.