Nel panorama enoico della Basilicata un posto privilegiato spetta all’Aglianico del Vulture, uno dei grandi rossi del nostro Meridione, ma ancora non abbastanza conosciuto.
Chi, come noi, da decenni frequenta la Basilicata è ben conscio del patrimonio di profumi e di sapori che i vini di queste terre posseggono. Il fatto è che da parte del grande pubblico non c’è ancora una solida percezione del valore di tutto questo, e la regione e la sua produzione enoica rimangono ancora una sorta di gemma nascosta nel panorama nazionale. Anche quest’anno le degustazioni dei vini lucani ci hanno regalato bellissime emozioni, soprattutto per quanto riguarda il Vulture, il distretto più noto nel quale lavora la stragrande maggioranza delle aziende della regione e che produce i maggiori quantitativi di vino. È per questo che il territorio è riuscito a ritagliarsi uno spazio sul palcoscenico delle zone che contano, grazie alla sua millenaria vocazione vinicola in grado di sfruttare al meglio le caratteristiche del vitigno principe della zona, l’aglianico, protagonista anche del vino che abbiamo premiato per il miglior rapporto qualità-prezzo della Basilicata.
Anzi: probabilmente il grande vitigno rosso dell’Italia Meridionale nasce proprio tra queste colline ai piedi del Monte Vulture, dove in epoca romana la gens Allia aveva estesi possedimenti viticoli e commercializzava il suo vino, l’Allianicum, in tutto l’Impero. L’uva poi, come noto, ha trovato il suo terroir d’elezione sulle pendici di questo vulcano spento; quindi nei vini che afferiscono a questa denominazione (DOCG nella versione Superiore) oltre alle classiche caratteristiche del vitigno – materia fruttata, intensa trama tannica, spiccata acidità – si unisce un’affascinante suggestione minerale, spesso quasi affumicata.
Nascono, dunque, vini importanti, dal lungo invecchiamento alle quali però si affiancano sempre più spesso versioni agili, leggiadre e succose.
Aglianico del Vulture Gricos ’22 – Grifalco
Molto buono il Gricos ’22, dal bel colore rubino dai riflessi violacei, che al naso si apre su un intrigante bouquet di mora, marasca e prugna mature con belle coloriture mediterranee e balsamiche. Al palato è solido e saldo, e mette in mostra tannini levigati.
Dopo un’esperienza ventennale in terra di Toscana, nel 2004 Cecilia e Fabrizio Piccin si trasferiscono in Basilicata per dedicarsi alla produzione dell’Aglianico del Vulture. Sparsi tra Maschito, Venosa, Rapolla e Ginestra, i 16 ettari dell’azienda raccontano le migliori esposizioni della denominazione. Oggi alla guida dell’azienda i figli Lorenzo, che segue vigna e cantina, e Andrea, che si occupa della gestione commerciale.