Se è vero che le mode sono cicliche e che prima o poi tutto ritorna (basti vedere il minimalismo anni ’90 sulle passerelle e la reunion degli Oasis), allora è giusto aspettarsi una ribalta del merlot, con tutto il bagaglio di consapevolezze, conoscenze e adeguamenti stilistici del nuovo millennio.
Cinzia Merli (Le Macchiole), come spesso ha ripetuto insieme al figlio Elia, ama complicarsi la vita e ha deciso di scommettere sul merlot, “aggiornando” il già famoso Messorio con una nuova interpretazione di questo vitigno in chiave bolgherese a dispetto dei cambiamenti climatici che si fanno sentire anche in una denominazione di innegabile successo.
Cosa è cambiato?
Dal 2015 Cinzia ha deciso di gestire la sua azienda senza l’appoggio di consulenti esterni e di valutare l’acquisizione di nuovi piccoli appezzamenti vergini nella confinante Bibbona con la supervisione del suo enologo interno Luca Rettondini (rugbista solido nel piglio e nelle conoscenze tecniche).
I nuovi impianti entrano a regime nel 2018 (vigna Ulivino), mentre la vigna Vignone viene lentamente reimpiantata con portainnesti meno vigorosi e impianti meno densi; cambiano inoltre le potature, sempre in funzione dei nuovi parametri. Nello stesso anno entrano in cantina anche le grandi anfore Tava, di manifattura trentina.
L’azienda possiede 10 ettari di merlot, ma solo 2,5 sono funzionali alla produzione di Messorio e si trovano a 210 m sopra il livello del mare.
Alla fine della degustazione, un filo conduttore unisce tutti i vini assaggiati: intensità olfattiva e sapidità finale e tanto piacere nel constatare che le ultime annate hanno una riuscita più contemporanea delle vecchie, cosa che lascia ben sperare per il futuro.
1. Messorio 2015
Il più scuro di tutti, rubino. Incipit di eucaliptus, mora di rovo macerata, amarene, rosa canina e rosmarino. In seconda battuta a bicchiere fermo, si potranno sentire anche distinte note di caffè. Molto avvolgente al palato, ma l’attacco tannico lascia intuire un uso di legni tostati un po’ invadenti (dal 2016 verranno cambiate praticamente tutte le barriques in favore di legni più delicati e meno tostati). Anche l’alcol arriva in seconda battuta; insieme ad un’acidità un po’ mascherata dalle altre componenti gustative.
2. Messorio 2016
Rubino, leggera trasparenza. Ha un impatto fruttato davvero forte e variegato: mirtilli e more, ribes nero, pesca gialla, cioccolato al latte e glicini freschi. Al palato sorprende per equilibrio ed eleganza, tannino composto, con persistenza sapida e allungo fresco. Dopo un’ora nel bicchiere gli aromi evolvono senza perdere mai freschezza, senza mai virare verso terziari. Se ci fosse un commento de core a questo vino sarebbe: è un vino della Madonna da quanto è buono.
3. Messorio 2017
Rubino, il meno cupo di tutti. Rispetto ai vini precedenti, ci vuole più tempo per aprirsi e far trapelare i profumi. Dopo la onnipresente mora, mostra sentori di cortecce e di chinotto, rose rosse e pot-pourri. Al palato è estremamente piacevole e voluttuoso, manca il grip tannico e il finale succoso tipico dei vini precedenti.
4. Messorio 2018
Da questa annata entrano nel blend anche le uve della nuova vigna. Rubino, media trasparenza, leggero riflesso porpora sul bordo. Di tutti i vini in assaggio, questa 2018 possiede l’approccio più glucidico e gigione (pardon, non saprei come esprimerlo in italiano) di tutti. Non sarà il mio preferito, ma è di sicuro ciò che maggiormente ci si può aspettare da un Merlot da clima mediterraneo: espressivo e d’impatto, senza troppi fronzoli concettuali e grande compagno di mangiate. Profumi di gelatina di frutta nera, gelsomino, muschio e sottobosco umido, ginepro, mora e sambuco, l’alcol è ben integrato nel corpo del vino, c’è un equilibrio piacevole che enfatizza ancor di più la vellutatezza del Merlot.
5. Messorio 2019
Rubino medio, molto brillante. È un vino che si è fatto notare da subito, una specie di sintesi completa di tutte le annate precedenti. Appena si ruota il bicchiere esplode di profumi e aromi: tutta la frutta nera croccante, mango, fiori blu e rossi, leggera nota di eucaliptus e genziana. Sorprende al palato il perfetto bilanciamento tra parti dure e morbide in interazione con la persistenza. Il finale è davvero piacevole e fresco.
6. Messorio 2020
Intensità colorante in continua diminuzione: rubino con media trasparenza. Profumi intensi e tutti orientati verso il sottobosco umido della macchia mediterranea: mirto, aghi di pino, note balsamiche di menta essiccata e menta fresca selvatica, piccoli frutti rossi e neri. È ancora molto giovane, ma mostra al sorso un gusto davvero vibrante e pronto ad esprimersi in maniera potente. Finale fresco con tannini un po’ più fitti rispetto ai vini precedenti.
7. Messorio 2021
Rubino medio, molto brillante con bordo porpora. Nonostante la potenza di frutto iniziale, questo è un vino che raggiungerà l’apice probabilmente tra 5-6 anni ma che già da oggi lascia intuire quale sia la classe che lo caratterizza. Le note di frutta nera e rossa croccante sono quelle maggiormente intense e delineate all’olfatto: tanto lampone e arancia sanguinella con l’aggiunta di tè alla menta, legni orientali e incenso ai fiori blu. Data la gioventù del vino, i tannini sono ancora prevalenti e lasceranno presto il posto all’acidità, ancora un po’ celata e mascherata dietro alle spalle larghe del corpo del vino. Ottima persistenza, ma le parti non hanno ancora trovato l’equilibrio e il dinamismo perfetto e quando questo avverrà, il vino sarà una bomba.
La cosa che mi ha stupito di più durante la degustazione con Cinzia, Elia e Luca è stata l’assoluta tranquillità con cui hanno raccontato delle scelte fatte, non comuni a Bolgheri. Dicono di essersi complicati la vita con i nuovi appezzamenti e scommettendo sul merlot. Sembra invece che aprirsi a nuove dimensioni parallele (per ora difficili anche solo da immaginare) abbia invece dato nuove energie ad una delle prime aziende di Bolgheri. I cambiamenti climatici rendono tutto più difficile, soprattutto in luoghi che non sempre beneficiano delle fresche notti estive. La mia scelta personale sarebbe caduta su un cabernet franc, forse un po’ inflazionato in questa zona, ma sicuramente più incline al clima che ci aspetta. Dalla verticale fatta sembra che il tempo stia dando ragione al team Le Macchiole e a giudicare dalle annate 2020 e 2021 la strada intrapresa sta dando ottimi risultati. La prossima scommessa sarà constatare se il Messorio è anche longevo come sembra.