Una lunga storia di amore e dedizione per la vigna scritta da quattro generazioni di vignaioli intimamente legate al territorio del Lugana e che trova la sua espressione più simbolica in bottiglia con Capotesta. Compie 100 anni il progetto vitivinicolo di Cascina Maddalena, uno dei protagonisti della più prestigiosa tra le espressioni in bianco del vino dal Lago di Garda.
La storia di Cascina Maddalena
Era il 1924 quando Cascina Maddalena, piccola azienda vitivinicola familiare e agriturismo con sede a Sirmione, uno dei cinque comuni di produzione della Denominazione d’Origine Lugana, ha mosso i suoi primi passi in quella che oggi è annoverata tra le regioni vinicole italiane più conosciute ed apprezzate al mondo.
Il 28 maggio 2024 la famiglia Zordan – oggi guidata dai fratelli e quarta generazione Mattia, Elena ed Elisa – ha festeggiato i 100 anni dall’acquisizione della tenuta, come documentato in antichi atti notarili riportati alla luce pochi anni fa che certificano il passaggio di proprietà alla bisnonna Maria Marangoni vedova Zordan.
Si tratta di un traguardo molto ambito nel mondo del vino che colloca a tutti gli effetti Cascina Maddalena tra le realtà più storiche e rappresentative del Basso Garda e pioniera della produzione del vino Lugana come oggi lo conosciamo.
Tutto ebbe inizio a metà dell’Ottocento, quando Gedeone Gennari, originario del Veneto, acquistò un terreno a Lugana di Sirmione e fece costruire una cascina bellissima, tipica del territorio, che decise di dedicare a sua figlia Maddalena; il figlio di Gedeone, il Cavalier Angelo Gennari, fu a sua volta un personaggio molto importante per la storia della penisola poiché precursore del termalismo sirmionese.
Per celebrare questo importante anniversario Cascina Maddalena ha inaugurato una mostra fotografica di vecchi scatti di famiglia e organizzato due eventi in tenuta, deliziando gli ospiti interventuti con i vini di loro produzione in abbinamento alle pietanze dei ristoranti MoS di Desenzano e Dal Complice di Manerba, celebri per la loro cucina unica e ispirata alla tradizione gardesana. Ma soprattutto – e dopo una lunga attesa – in questa occasione Cascina Maddalena ha deciso di presentare il cofanetto da sei bottiglie in edizione limitata, con all’interno le annate 2013, 2014 e 2015 di Capotesta Lugana Doc, tutte con una chiusura diversa: tappo di sughero, diam e a vite. Un progetto ambizioso di affinamento decennale, grazie alla pazienza e determinazione di Mattia Zordan a voler conservare bottiglie ogni anno per evidenziare la grande longevità della Turbiana. Un approccio che, secondo la famiglia Zordan, interpreta coerentemente l’essenza del Lugana esaltandone le ottime doti di affinamento.
Cascina Maddalena oggi
Mattia è responsabile della parte agricola, con il sempre presente papà Luciano, mentre l’accoglienza e la struttura agrituristica sono nelle sapienti mani di Elisa, Elena e di mamma Raffaella, che ancora oggi si alza presto per andare nell’orto a raccogliere la sua verdura, per poi correre in cucina a preparare piatti gustosi.
Siamo nella parte lombarda della Doc, l’areale d’elezione, quello da cui tutto è iniziato e da dove ha origine il successo di uno dei bianchi italiani oggi più apprezzati al mondo. È questo il cuore pulsante del territorio del Lugana, la piana che si estende orizzontalmente tra Desenzano e Sirmione, dove troviamo le argille più coriacee e lo stile più lacustre e minerale. Risalgono al primo Dopoguerra, proprio quando la famiglia Zordan ha acquisito l’azienda, i lavori di bonifica nei campi a sud del Benaco, prima appezzamenti acquitrinosi, che hanno reso questa zona eccezionalmente vocata per la coltivazione della vite ed in particolare della Turbiana.
Capotesta, cavallo di battaglia di Cascina Maddalena, è il vino di Mattia Zordan. Mattia, come il resto della famiglia, non insegue i trend, ma persegue i propri obiettivi, con determinazione, rimanendo sempre fedele a sé stesso, alla sua terra e alla sua produzione. Un esempio è la scelta coraggiosa di non vendemmiare nel 2023, proprio alla vigilia del centenario: un segno del destino, forse, che ha messo alla prova la filosofia secolare – e la coerenza – della famiglia.
“Dopo quattro grandinate disastrose nell’estate dello scorso anno, abbiamo deciso di non utilizzare nemmeno quel 10-15% di uva rimasta sulla pianta e andare, come sempre, nella direzione della qualità; questo implicava non fare il vino – dice Mattia Zordan, e continua – È stato un colpo durissimo per l’azienda, ma questo mi ha permesso anche di andare a scoprire altre realtà vinicole estere ed italiane – in Champagne, in Mosella, in Borgona, ma anche in Franciacorta e nel basso Piemonte – e fare nuove ed importanti esperienze formative”.
Capotesta, un simbolo del vino di Lugana
In Capotesta ritroviamo tutte le caratteristiche che hanno fatto del Lugana un fenomeno a livello internazionale: verticale, molto minerale, sapido e ricco di struttura. “Dobbiamo tutto alla potenza dell’argilla”, dice Mattia Zordan. Con le mani costantemente nella terra e il cuore in vigna, il vigneron ha il solo e unico obiettivo di continuare a portare in bottiglia, con orgoglio e determinazione, l’espressione più autentica del suo territorio d’origine, cui la sua famiglia è intimamente legata da ormai un secolo.
Ecco quindi l’estrema attenzione a tutto ciò che ruota attorno al lavoro nei campi e in cantina. La terra viene ascoltata e rispettata, per rendere il consumatore consapevole di quello che trova nel bicchiere. “Noi siamo sempre stati sostenibili, senza certificazioni”, dice Mattia Zordan, che da sempre preferisce parlare nel suo caso di viticoltura di buon senso. Diventa naturale quindi voler trattare la terra con la testa – “e con il cuore”, aggiunge Elisa – partendo dalle buone pratiche agronomiche, come la concimazione a letame o il sovescio, per arrivare ai metodi ecosostenibili di controllo delle avversità, come l’utilizzo di mezzi organici o la confusione sessuale.
La volontà di raggiungere i suoi obiettivi porta Mattia Zordan anche alla scelta nel 2015 di utilizzare il tappo a vite, una chiusura organoletticamente neutra a garanzia dell’integrità del vino. Il risultato di questa scelta diventa evidente proprio nella verticale proposta dal cofanetto degustazione di Capotesta dove – osservando in particolare due annate non troppo dissimili come la 2013 (tappo in sughero) e la 2015 (tappo a vite) – emergono chiare le differenze derivate dalla diversa tappatura: nella 2013 troviamo un’evoluzione spinta, su note più eteree, classiche ed eleganti e nella 2015 spicca una maggior compostezza e reattività, mentre è con la 2014 (tappo diam) che affiorano freschezza e longevità, dove il tempo di evoluzione in bottiglia ha garantito un risultato irripetibile.
Sono questi i presupposti che fanno del Capotesta – e del Lugana in generale – un vino che non teme il tempo. “Bevi il tuo Lugana giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la completezza. Bevilo decennale, sarai stupefatto dalla sua composta autorevolezza”, disse il maestro Luigi Veronelli. Più passa il tempo, dunque, più nel calice si potranno percepire i sapori delle terre gardesane e tutto il savoir-faire della famiglia Zordan nella gestione della vigna e della cantina rispetto a questa varietà straordinaria.
Oggi spetta a Mattia, Elena ed Elisa guardare al futuro, conservando lo stesso amore per la terra, la vigna e l’uva, ingredienti che generano il buon vino e fanno la reale differenza. Questo è il più grande insegnamento di mamma Raffaella e papà Luciano. Del resto “si tirano su le vigne come i figli, in famiglia e con amore”. Ma anche, come abbiamo visto, con la pazienza.
Le annate 2013, 2014 e 2015 in Lugana: Capotesta, un vino che non teme il tempo
- 2013. Anno molto siccitoso e caldo, maturazione precoce dell’uva e scarsa produzione; L’azienda non aveva ancora l’impianto di irrigazione a goccia, quindi le vigne sono state bagnate con irrigazione di soccorso a pioggia.
Tappo: monopezzo in sughero (ultimo anno di utilizzo). Il vino è caldo, etereo speziato e floreale. Evoluzioni spinte, eleganti e classiche.
- 2014. Annata da dimenticare per il brutto tempo, primavera/estate molto piovosa, ma allo stesso tempo spettacolare per il vino che ci regala oggi. C’è stata una grandinata significativa a metà settembre con perdita di metà delle uve e raccolta selezionata a inizio ottobre. Dopo questo evento l’azienda ha aspettato a vendemmiare fino ai primi di ottobre, andando quindi a raccogliere uva botritizzata e surmatura che ha donato al vino note uniche di idrocarburo e affumicatura; la 2014 è stata un’annata irripetibile proprio grazie alle sue condizioni climatiche estreme.
Tappo: Diam. Poi il 2014 ci ha stupito: il meglio è uscito con il tempo, per la sua longevità e freschezza. Il vino è verticale, minerale e fruttato.
- 2015 Annata siccitosa e calda, non dissimile dalla 2013, che ha prodotto un’uva molto concentrata. Durante la stagione più calda irrigazione di soccorso a pioggia. Qui si sente chiaramente la differenza della tappatura rispetto alla 2013: il 2015, che utilizza il tappo avite, risulta un vino più vivace, composto e reattivo, che conserva anche una maggiore croccantezza.
Tappo: a vite. Il vino è caldo, etereo, fruttato, esotico, speziato con note di zafferano.
Fonte: Winecouture.it