Ho aspettato un po’ a raccontare della mia prima visita in cantina da Arpepe. Un po’ come i concerti di Bruce Springsteen, ci sono momenti che richiedono tempo per essere rielaborati emotivamente.
Momenti significativi che lasciano il segno, un po’ ti vorresti tenere l’intimità del vissuto come un prolungamento delle emozioni, un po’ perché l’importanza dell’avvenimento richiede una riflessione staccata dall’immediatezza.
Cosi ne devo ancora scrivere, dell’uno e dell’altro. Parto da Arpepe perché più lontana nel tempo. In sottofondo le note di The Land is Your Land del Boss https://www.youtube.com/watch?v=1yuc4BI5NWU in attesa di raccontare il concerto di Monza.
Sono un paio d’anni che frequento la Valtellina e quest’anno finalmente sono stata per la prima volta dai fratelli Isabella, Guido ed Emanuele Pelizzatti Perego, in particolare ho incontrato Emanuele che poi è, in genere, il più presente in cantina
Una chiocciola di Slow Wine è Arpepe (qui se ne parla http://ARPEPE, la montagna incantata – Slowine Slow Food https://www.slowfood.it › Home › Parliamo di…) e anche questo suscita interesse perché si sa che sono aziende un po’ speciali. Una chiocciola stellata si potrebbe dire, punto di riferimento della viticoltura in Valtellina e non solo.
Se si va in qualche manifestazione al banchetto di Arpepe c’è sempre una fila lunga di gente; ne sa qualcosa Luca Ferraro di Bele Casel (che poi sono una chiocciola anche loro https://www.belecasel.com/) che all’ultimo Mercato Fivi gli era accanto e ha vissuto simpaticamente invasioni di campo continue da parte del pubblico.
Girando la Valtellina e incontrando altri produttori, tutti stimano questo family team che sta facendo del bene a tutto il territorio, valorizzandolo e dandone visibilità positiva.
Ogni volta che ho assaggiato i loro vini, utilizzati anche in alcune degustazioni e abbinamenti, è stato sempre un successo, sempre una meraviglia per il palato e lo spirito. Puoi dirne sempre e comunque bene.
Oggi così, gran successo, ma la vita degli “Arpepe” non è stata sempre facile, tutt’altro. Una storia di rinascita dopo anni molto difficili e di tribolazioni. Forse proprio per questo c’è tanta intelligenza vinicola e di vita.
L’obiettivo è sempre stato quello di produrre vini da lungo invecchiamento, non austeri, ma che donassero all’assaggio l’espressione di un territorio, la Valtellina, e del suo vitigno, la Chiavennasca, in termini di freschezza, sapidità distintiva, mineralità vera di questi suoli, maturazioni perfette che raccolgono la luce di queste montagne.
Si pensa alla Valtellina e il pensiero corre ai vigneti eroici, ai terrazzamenti dove si vendemmia con le carrucole, le viti aggrappate al poco terreno, le pendenze medie che raggiungono picchi anche del 30%. Ma faceva caldissimo a luglio scorso, quindi niente giro in vigna, se non nel vigneto sopra la cantina.
Si pensa alla Valtellina e traduciamo con “nebbiolo”, nel suo abito di montagna più fresco: vini ne abbiamo assaggiati perché non era possibile non farlo; per gli assaggi rinvio all’uscita della nuova Guida Slow Wine 2024, ancora qualche settimana e saranno disponibili tutte le indicazioni necessarie sulle nuove annate.
La visita vera è stata in cantina: “Apriti Sesamo” diceva Aladino, “Apriti Arpepe” dico io! Le cantine sono luoghi che a volte annoiano un po’ per la ripetitività dei contesti, meno affascinanti di vigneti e calici. Ho trascorso un bel po’ di tempo con Emanuele davanti al quadro di comando del PLC che regola il sistema geotermico dell’energia dell’intera cantina, delle vasche di fermentazione e quelle di affinamento, è stato istruttivo. Ha retto anche la Ceci, la mia figlia sedicenne che mi accompagnava.
La cantina è integrata nel versante terrazzato del Grumello, costruita nel 1973, fu realizzata adottando soluzioni all’avanguardia per l’epoca. La sua particolare struttura architettonica consente il naturale controllo di umidità e temperatura. L’utilizzo della geotermia ha consentito ad ARPEPE di trasformare il naturale calore dell’acqua di falda in fonte alternativa, pulita e rinnovabile, brillante intuizione per ridurre ulteriormente le emissioni di CO2 dell’azienda.
Trasformare il naturale calore dell’acqua di falda utilizzando la geotermia è la strada per risparmiare costi energetici, essere autosufficienti, intervenire in modo ottimizzante nel processo produttivo.
Una cantina immaginata funzionale dal babbo Arturo, ma che la new generation ha reso più comoda, più green in senso ampio, dove si lavora in condizioni di benessere e intelligenza globale pensando anche ai dipendenti.
Al processo di regolazione geotermica si affianca quello dell’utilizzo dell’azoto. E’ stato realizzato un impianto ad aria compressa per la sua produzione, l’intero ciclo produttivo di sviluppa sotto azoto, compreso l’affinamento in legno, modalità che si traduce anche in un utilizzo molto contenuto della solforosa.
Tutti i vini fanno lunghe macerazioni, i tini tronchi hanno legni piegati a vapore, che restituiscono un legno più neutro, senza gli aromi derivanti dalla tostatura, ma donando così complessità fine al Nebbiolo. Una particolarità, il legno utilizzato è principalmente il castagno, in passato il legno utilizzato in Valtellina, con piccole dosi di rovere e acacia: un approccio quasi zen al vin oserei dire, con la micro ossigenazione in legno e le macerazioni, il vino raggiunge un naturale equilibrio.
La visita è proseguita nella cantina, dopo l’incanto davanti al quadro di comando, alla zona delle imponenti, magnifiche e coloratissime vasche di cemento vetrificato risalenti agli anni ’60 appoggiate per un lato all’interno della roccia.
Oggi sono utilizzate, per non sprecare nulla, come magazzino e come sala del tesoro delle vecchie annate e per l’affinamento di quelle in uscita, aumentandone la possibilità di durata nel tempo.
E’ venuto il momento di uscire dal magico portone, il tempo di sopportazione dell’adolescente era terminato, ma si è guadagnata anche lei la mitica maglietta di Arpepe!