Sempre una gioia tornare dalla famiglia Perillo a Castelfranci (anche se diventa ogni volta più difficile tenere a bada la parte vecchiarda, che ha conosciuto Felice e Nicola praticamente nella culla e se li ritrova oggi sarchiaponi laureati e pienamente al timone, accanto a papà Michele e mamma Anna Maria).
Ad amplificare ulteriormente lo straniamento spazio-temporale c’è poi questa faccenda paradossale, più unica che rara: di una cantina trasversalmente riconosciuta ormai da anni come punto di riferimento imprescindibile del vino campano e dell’universo aglianico, ma che solo adesso comincia ad avere più vendemmie commercializzate alle spalle di quelle in maturazione davanti.
12 uscite (dalla 1999 alla 2011) contro 11 già vinificate in stand by (dalla 2012 alla 2022). Assurdo.
però anche tremendamente spassoso. Nelle prossime settimane misuriamo con calma la temperatura ai Taurasi già in bottiglia (2012, 2013, 2014, 2015), mentre la ricognizione di quelli in botte suggerisce che:
- le annate pari e dispari creano due gangs nettamente distinte per carattere e peso specifico, sembra quasi fatto apposta: 2016, 2018 e 2020 tutte su frutto chiaro e toni silvestri, con silhouette slanciata, alcol misurato, tannini vellutati; 2017, 2019 e 2021 su frutto scuro e spezie piccanti, con centro bocca denso, tannini possenti.
2022 ancora nella nursery (ultime uve raccolte la scorsa settimana). - 2018 il più promettente della squadra “Castelfranci Elegant”: vari circoletti rossi e versione da tenere d’occhio con grande attenzione (diversi punti di contatto col mio amato 2005 sentito nella stessa fase, ma perfino più “puro” e rifinito).
- 2019 il più promettente della squadra “Alta Valle del Calore Power”: deflagrante, Pedro, ma con juicio.
- E poi la tessitura del 2016, la tempesta dionisiaca del 2017, la leggiadria carsica del 2020, il fruttaio recintato di filo spinato del 2021: insomma, dove si casca, si casca bene.
Lunga vita ai Perillo’s!
Fonte: Paolo De Cristofaro - Tipicamente.it