Che la rivoluzione abbia effetti superiori alle pur importanti modifiche del disciplinare, lo si capisce da tanti piccoli e grandi dettagli emersi durante i giorni della Collection 2022, appuntamento di presentazione delle nuove annate di Chianti Classico.
Benvenute UGA
A tenere banco sono state le Unità Geografiche Aggiuntive (UGA): menzioni che puntano ad ancorare i vini della denominazione ai nomi dei luoghi di provenienza delle uve (comuni e frazioni, al momento). Alla Leopolda gran parte della comunicazione era incentrata su questo progetto e i nomi dei diversi territori sono letteralmente “esplosi” nell’agenda di produttori e addetti ai lavori, nonostante non comparissero ancora in nessuna etichetta. Un’accelerazione fortissima, voluta dal Consorzio del Gallo Nero dopo anni di lavori, idee, tentennamenti, trattative e mediazioni che in certe fasi hanno fatto temere il peggio, ma che alla fine hanno portato a una riforma approvata a larghissima maggioranza.
Per una curiosa coincidenza, chi scrive si trovava nella sede del Consorzio lo scorso 16 Giugno, giorno della votazione con cui l’assemblea dei soci ha approvato l’elenco delle 11 Unità Geografiche Aggiuntive proposte dal CDA. Toccammo con mano l’entusiasmo dei protagonisti per un traguardo evidentemente desiderato, al di là dei tatticismi, delle diplomazie e delle dichiarazioni di facciata. Un risultato che va oltre le modifiche di legge, dicevamo, che all’inizio riguarderanno solo la tipologia Gran Selezione, ma la cui portata potenziale è ben altra.
Per come la vediamo noi, rafforzare le identità “interne” del Chianti Classico, anziché ingarbugliare la matassa, come qualcuno sembra temere, finirà per rinvigorire anche quella “esterna”, aiutando a definire meglio il campo di gioco e l’irrisolto equivoco del Chianti fuori dal Chianti. Le Unità Geografiche costringeranno tutti ad uno sforzo di approfondimento: un territorio così importante, piuttosto grande e variegato, sotto tanti punti di vista, lo merita ampiamente. Per di più con la lente di un’uva, il sangiovese, che permette di leggere perfettamente le diverse declinazioni sul tema.
Gli effetti saranno ben superiori al limitante e in certi casi fuorviante giochino di affibbiare un “carattere” preciso ad ogni singola UGA. È ovvio che le differenze non manchino all’interno di ciascuna di esse, ma è altrettanto vero che i perimetri circoscritti costituiscano una formidabile base di indagine. Vista dall’alto, la denominazione appare oggi come una serie di cerchi concentrici che parte dall’insieme più grande, passa per le UGA e zooma fino alle singole frazioni, contrade, vigne o addirittura particelle. Ad ognuno la capacità e la voglia di passare al livello successivo, aguzzando lo sguardo. A tutti la possibilità di fissare un quadro nel suo complesso esaltante e di seguirne i dettagli senza perdersi, grazie a un filo conduttore ormai ben chiaro.
Certo, ci aspettiamo che il gran ballo continui nel futuro prossimo: con nuovi protagonisti e articolazioni supplementari, sia sul piano territoriale sia su quello delle gerarchie interne. Tradotto: allargare la possibilità di rivendicare le UGA alle tipologie Chianti Classico Riserva e “annata” ci pare una mossa doverosa, tanto più in una denominazione in cui i vini mediamente più aderenti alle rispettive sottozone sembrano ancora quelli alla base della piramide. Dinamiche che abbiamo spesso sottolineato anche in altri distretti prestigiosi, ad esempio Montalcino: l’approccio a riserve e selezioni continua ad essere nella maggior parte dei casi “additivo” rispetto alle versioni di entrata, con tendenza a caricare (di alcol, maturità, estrazioni, affinamenti) su vini che risultano in ultima analisi più faticosi ed imbrigliati.
Le eccezioni per fortuna non mancano e il livello qualitativo del Chianti Classico cresce a 360 gradi in maniera evidente di anno in anno. Dal nostro punto di vista servirebbe un ulteriore allargamento della rosa interpretativa, dato che nella maggior parte dei casi non ci si stacca da protocolli “standard”. Ma in questo momento non c’è in Italia un posto migliore dove pescare rossi “trasversali” per la loro attitudine a palleggiare la tavola in scioltezza, senza limitarsi al glu glu e facendosi leggere con coerenza nella provenienza territoriale, stilistica e millesimale.
Isole e Olena – Chianti Classico 2020 e 2019
È davvero un tandem di Chianti Classico “annata” da urlo, quello presentato dalla famiglia De Marchi. Nonostante fosse un campione non definitivo, il 2020 ci ha regalato uno dei nasi più belli dell’intera Collection col suo ventaglio di frutti bianchi e rossi freschissimi, spezie chiare e suggestioni umami che alimentano in maniera carsica una bocca di trama fitta e al contempo vellutata.
E il 2019 non è certo da meno, anzi: la silhouette aromatica si sposta su eccitanti registri marini e iodati, ferma restando l’ariosa tessitura fruttata e balsamica, ad anticipare un sorso di deflagrante energia salina, lunghissimo e profondissimo.
Fonte: Antonio Boco e Paolo De Cristofaro