Lo scenario è praticamente quello di una fiaba dei fratelli Grimm, il paesaggio appare come un anello di roccia, al centro vi è incastonato un diamante: Carema.
In queste colline da sogno, solo a livello estetico, lavorare la vite qui è molto faticoso, Federico e Deborah Santini sono riusciti a collezionare circa 1,5 ettari di vigne sparsi in 35- 40 diversi appezzamenti. Stupendi terrazzamenti formano un vero e proprio anfiteatro dove la natura incontaminata domina; ci troviamo in quel particolare lembo della provincia di Torino che confina con quella di Aosta.
Terreni d’origine morenica, la vite viene allevata con il sistema a pergola, chiamata in dialetto piemontese “topia”, la cui intelaiatura di travi è spesso sorretta dai caratteristici tutori in pietra tronco-conici, chiamati “pilun”, vera e propria icona del territorio. Il “Lasú” 2018 è un blend di 60% nebbiolo e 40% uve locali, (neyret, ner d’ala). Produzioni limitatissime, appena 1048 bottiglie, vendemmia manuale nella seconda metà di ottobre, cernita degli acini e grappoli direttamente in vigna, la fermentazione alcolica è spontanea e svolta in vasca d’acciaio. Lunghe macerazioni (fine dicembre), una volta svinato affina in un tonneau e una barrique, entrambe esauste, oltre a qualche damigiana.
Malolattica spontanea nella primavera successiva alla vendemmia, dopo di che travaso in inox fino ad agosto, segue imbottigliamento, non vengono effettuate chiarificazioni/filtrazioni, solo un minimo di SO2. Veste rubino intenso con venature vivaci, vibranti, brilla nel bicchiere. Un naso freschissimo, questo aggettivo è centrato perché richiama davvero una sensazione di pulizia d’aromi; la stessa spazia con disinvoltura dal frutto croccante di fragolina di bosco e ribes, all’eleganza dei piccoli fiori di montagna, passando per toni boschivi e silvestri d’eucalipto e pino mugo. Con lenta ossigenazione santoreggia e una trama nettamente minerale, pietrosa.
In bocca è succosissimo, sapido, medio corpo, tannino vispo e al contempo setoso, per nulla pronunciato o protagonista. Vi è grande coerenza di toni fruttati, s’avverte la classica sensazione dolce-acida dei frutti di bosco e una piacevole nota ammandorlata che sul finale deterge il sorso, richiamando quello successivo e via via fino alla fine della bottiglia, che in due a tavola svanisce come per magia.
Fonte: Andrea Li Calzi - Lavinium