Che cos’è la fatica? Bersi il proprio sudore, abbarbicarsi in un sentiero per privarsi di ogni momento libero a disposizione per raggiungere un obiettivo.
Potare, tagliarsi, sedersi su un gradino, mangiare un frutto, rispondere al telefono: “Si, in serata controllo le ultime terrazze” e concedersi un primo respiro di brina notturna e abituarsi a convivere con qualche richiamo di rapace notturno ai piedi del monte Mombarone.
È questo lo scenario in cui vive la coppia formata da Federico e Deborah Santini che, a Carema – un miracoloso microcosmo al confine con la Valle d’Aosta – è riuscita a collezionare quasi un 1,5 ettari di vigne sparsi in quasi 40 diversi appezzamenti. Una vera impresa considerando la superficie di questo piccolo – eroico – anfiteatro del Piemonte, inferiore ai 20 ettari, arredato da pilun e travi portanti dell’architettura topiaria (topia=pergola) caremese magnificamente rappresentate nelle etichette. Illustrazioni sincere in cui ogni tratteggio richiama le fatiche di coltivare l’uva nebbiolo, qui nota come picutener e pugnet, con quest’ultima studi recenti hanno dimostrato essere una varietà diversa dalla bacca impiegata per Barolo e Barbaresco. Infatti i grappoli sono piccoli come un pugno, ricchi e dal lungo ciclo vegetativo. D’animo chiuso ma fiduciari del tempo. I vini di Carema non temono infatti il confronto quando si parla di serbevolezza, e in quesi ultimi chilometri al confine del Piemonte, nelle terrazze di origine fluvioglaciale e morenica, i filari di nebbiolo certificano in un’ampissima distesa di pergole la propria presenza creando un’architettura quasi fiabesca. Le pietre si fanno scalini naturali per accompagnare Federico e Deborah al confine del bosco ma anche tra le piccole case, quasi tutte con un piccolo prato dove il distinguo sta proprio nella posizione di un pilone quasi sempre eroso e abbandonato.
L’idea di costruire un progetto scorre nelle vene dei due per qualche anno e nel 2012 finalmente ecco che la fatica diventa materia: c’è una prima annata prodotta, quasi per gioco, grazie al supporto di un amico a Carema, un vin de garage che dà la forza per proseguire con l’acquisizione di altri piccole terrazze nel 2014. Quei muretti a secco usati per le terrazze presenti fino a 700 metri, in dialetto locale prendono il nome di Muraje.