La carovana delle rassegne enoiche italiane riparte da Paestum, in Cilento, con l’edizione 2020 di Campania Stories.
Un’occasione più speciale che mai, considerando tutte le problematiche legate al Covid, per verificare lo stato di forma della produzione regionale, grazie al significativo campione rappresentato dagli oltre 250 vini in assaggio, proposti da un’ottantina di aziende.
In attesa di tornarci su nelle prossime settimane con una serie di approfondimenti tematici (accompagnati da ulteriori consigli di bevuta), ecco come di consueto un po’ di impressioni a caldo.
Bianchi Vs Rossi. Sono costretto a ripetermi: non c’è partita. Se il livello dei bianchi appare sempre più autorevole tanto nella media quanto sulle punte, la proposta rossista risulta in ultima analisi poco attraente, ad esser generosi.
Tra Falanghina, Fiano e Greco c’è solo l’imbarazzo della scelta per chi cerca vini pimpanti, dinamici, gustosi (e potenzialmente anche longevi), mentre tra Aglianico e Piedirosso si fa ancora una gran fatica ad intercettare interpretazioni davvero “trasversali”, capaci di mettere tutti d’accordo per nitidezza, tessitura, armonia e leggerezza di beva. Ci sono, ma sembrano più che altro mosche bianche in mezzo a un mare di rossi scolastici, telefonati, ingolfati, pesanti, difficili da godere, con o senza cibo.
Le annate. Una riflessione sul valore e le caratteristiche delle ultime vendemmie è applicabile di fatto soltanto ai vini bianchi, dato che sui rossi non c’è una vera annata di riferimento, neanche all’interno di una stessa denominazione (come accade invece in altre manifestazioni, vedi Anteprime Toscane o Nebbiolo Prima).
I primi test di gruppo delineano una 2019 espressiva e solare, comprensibilmente meno affilata e verticale rispetto alla precedente, ma non certo sprovvista di tono e supporto sapido nelle interpretazioni più promettenti. Per capirci, più vicina alla 2015 o alla 2012 che alla 2017 o 2011, restando nel gruppo dei millesimi caldi dell’ultimo decennio: bianchi polposi e tendenzialmente equilibrati, dunque, che potrebbero riservare belle sorprese (specialmente tra i Greco di Tufo).
Solo conferme invece dai “ritardatari”. I 2018 rafforzano ad ogni nuovo assaggio lo status di grande vendemmia “campana”, densa di vini freschissimi e saporitissimi, scattanti e prospettici, oltretutto provenienti da tutti i principali vitigni e distretti regionali.
La 2017, pur a fronte di un profilo giocoforza più docile e orizzontale, riesce comunque a dare forma nelle versioni più ispirate (in particolare tra i Fiano irpini) a bianchi solidi, bilanciati e carnosi, tutt’altro che seduti o sfibrati. Non sembrano in ogni caso da attendere: il consiglio è di goderseli in gioventù, senza fretta né rimpianti.
I territori. Senza nulla togliere alle numerose aree campane dove è possibile scovare bottiglie e cantine interessanti (Sannio – comparto Falanghina – e Vesuvio, ad esempio), negli ultimi anni si delinea sempre più un duopolio di fatto per quel che riguarda la rosa di vignaioli e vini capaci di proporsi con costanza ai piani alti e altissimi dell’offerta regionale, e non solo. Irpinia e Campi Flegrei: arriva il più delle volte da questi due terroir, così diversi, il meglio della Campania da bere in grado di confrontarsi, per quantità e varietà di opzioni, con le zone europee più reputate e riconoscibili in termini di originalità espressiva, identità territoriale e versatilità gastronomica.
I vini da non perdere:
* Falanghina del Sannio Sant’Agata dei Goti Vigna Segreta 2018 – Mustilli
* Campi Flegrei Bianco Tenuta Jossa 2018 – Cantine Astroni
* Fiano di Avellino 2018 – Rocca del Principe
* Campania Greco 2018 – Pietracupa
* Greco di Tufo Miniere e Torrefavale 2018 – Cantine dell’Angelo
* Sabbia Vulcanica Rosso 2019 – Agnanum
* Taurasi 2010 – Michele Perillo