Il nome di Nerina e Pierluigi Zampaglione è legato alla terra del Tufiello, al suo grano e a questo vino giovane e naturale, ad alto contenuto emotivo: pochi ettari coltivati a 800 metri d’altitudine in mezzo ai venti e alle pale eoliche dell’Alta Irpinia, dove uve biologiche e macerazioni sulle bucce danno vita a bottiglie sempre uniche che esprimono la passione e l’impegno sul territorio.
Puro, valoroso, solitario. Folle ed eroico era Don Chisciotte che vedeva giganti sotto le forme dei mulini. Proprio come il Fiano d’altura, figlio del vento, vinificato a Calitri da Nerina e Pierluigi Zampaglione, grazie ad un’intuizione del nipote Guido, oggi ad Alessandria, con la sua Tenuta Grillo.
A circa ottocento metri d’altitudine, quello del Tufiello è un paesaggio aspro, di terra scura pronta per la semina del grano, circondato da quelle pale eoliche che in passato rappresentavano una speranza e oggi sono solo impianti selvaggi. E’ esattamente qui che nasce questa vigna giovane ed eroica: tra l’aria del Vulture e quella dei Balcani, è stata piantata vent’anni fa, dopo attenti studi e molto tempo dedicato alla costruzione di un vigneto che sapesse far parte dell’ambiente circostante, acquisendo un valore anche culturale rispetto ai luoghi e al racconto dell’Irpinia del vino.
L’azienda agricola Zampaglione fa parte della FIVI – Federazione Italiana dei Vignaioli Indipendenti – e vinifica solo uve di proprietà coltivate col metodo biologico, e lavorate allo stesso modo in cantina. Un fiano in purezza, senza nessuna filtrazione. E’ di un giallo carico, è intenso e minerale, ha il sapore della terra da cui proviene.
Comincia il secolo scorso questo racconto che ci ha fatto Nerina Zampaglione, moglie di Pierluigi: «L’agricoltura è praticata da generazioni nella nostra famiglia, l’azienda agricola è storica, in passato si caratterizzava per i pascoli e la produzione cerealicola, negli ultimi anni abbiamo pensato invece di sviluppare anche un’altra potenzialità del territorio, la viticoltura. E’ fatta nelle zone più collinari della proprietà, ma comunque ad un’altitudine considerevole».
E’ poetica la Vigna del Pero che dalle montagne guarda sospirando le eliche girare, Don Chisciotte è il Fiano più alto del mondo: «I generatori eolici tutt’intorno sono una testimonianza di quello che accade in Alta Irpinia da tempo ormai, per questo abbiamo pensato al nome di Don Chisciotte, un vino fortunato e coraggioso circondato da questi moderni mulini a vento che cerca di sconfiggere raccontando un’esperienza positiva. Ad ogni modo, le condizioni climatiche ci avvantaggiano nella coltivazione e nella produzione. Siamo presenti e attivi con passione sul territorio, c’eravamo nel passato e ci siamo nel presente con i nostri nipoti. Pierluigi negli ultimi quarant’anni ha gestito in prima persona, a tempo pieno, l’attività vitivinicola, iniziando col nipote Guido ad impiantare i vigneti. Per noi rappresenta il punto di svolta e allo stesso tempo il desiderio di esprimere un altro valore dell’Irpinia, il Fiano è legato alla nostra provincia in modo particolare, è un vitigno storico importante e noi cercavamo una produzione di qualità».
Vino naturale, caratterizzato da una lunga macerazione sulle bucce, per almeno 10 giorni. Passa poi alla fermentazione e all’affinamento in acciaio per 12 mesi a cui seguono circa 8 mesi in bottiglia: «Questo procedimento consente al vino un invecchiamento naturale – spiega Nerina – ci aiuta a proteggerlo e a conservarlo negli anni».
- Pierluigi e Nerina Zampaglione, foto dal blog “Alberto Ritrovo”
La prima vendemmia nel 2006, la scommessa più grande della famiglia Zampaglione che dal 2010 è accompagnata e guidata in questo viaggio enoico da Sebastiano Fortunato, enologo e guida per questi giovani viticoltori, con una lunga esperienza alle spalle: «La fortuna aiuta sempre gli audaci, i nostri due ettari di vigneto sono un miracolo per una zona molto alta, che sta fuori dall’areale del Fiano. E’ stata una sfida anche all’eolico che cade a pioggia su questo territorio. Ma ad andare controcorrente abbiamo cominciato negli anni ’90 con la conversione al biologico dell’azienda, anche questa è stata una scelta non allineata, dettata dalla volontà di produrre un grano naturale, consapevoli che grano significa farina, pasta, pane. Nonostante le rese inferiori, abbiamo puntato sulla qualità. E il vantaggio sta nel destinarlo a trasformatori che lavorano con la nostra stessa filosofia, oggi consegniamo a Pasta Armando, ieri anche ad Alce Nero nelle Marche, abbiamo sempre deciso con chi lavorare, portando avanti un discorso sulla genuinità e la salubrità del prodotto da cui non si può più prescindere».
Un terreno pulito il loro, rigoglioso di erbe spontanee, calpestato da amici, appassionati ed esperti che vengono accolti nel Casale da Pierluigi e Nerina: «I profumi del Don Chisciotte, e tutta la sua essenza, sono legati a questa terra argillosa e vulcanica, col Vulture alle spalle, al confine con la Lucania. E’ stata ed è ancora un’esperienza che va avanti con grande entusiasmo, ci chiamano spesso e vengono a trovarci per il nostro Fiano, le verticali sono sempre molto apprezzate, possiamo dire di aver dato vita ad un prodotto molto amato».
- Verticale di Don Chisciotte – La Posta, Grottaminarda
E mentre si pensa di lanciarsi in nuove sperimentazioni – con una coltivazione di legumi, ancora tutta da testare – Nerina Zampaglione riflette con noi in generale sulla bellezza e sulle criticità dell’Irpinia e di Calitri in particolare, zona di produzioni enogastronomiche di valore, dai salumi ai formaggi, che sembra essersi cristallizzata nelle sue poche certezze: «Non siamo in tanti a portare avanti senza compromessi scelte che guardano prima di tutto alla qualità e solo dopo al profitto. Il nostro è un territorio marginale sull’Appennino Meridionale, i luoghi interni si spopolano, non sono oggetto di grandi investimenti e questo ci penalizza. Forse non si ha davvero l’intenzione di cominciare a ragionare di un turismo attento e responsabile nei confronti del territorio, perché mi rendo conto che possa non apparire facile, c’è ancora tutto da valutare. Anche se negli ultimi vent’anni si è fatto moltissimo per l’Irpinia e la promozione della sua enogastronomia, credo che i singoli produttori – come noi – riescano ad avere soddisfazione, arrivando al mercato estero, sembra un paradosso ma spesso è più difficile farsi conoscere nella provincia e questa non è una cosa da poco. Abbiamo fatto dei grandi passi avanti, il timore è che in futuro non ci sia la volontà di continuare questo impegno nell’agricoltura, però continuiamo noi anziani a dare l’esempio e portiamo avanti questa battaglia. Un buon segnale è l’apertura a Calitri di un indirizzo in Agraria presso l’Istituto Tecnico “A. M. Maffucci”, si cerca così di coinvolgere le nuove generazioni e di condividere con loro le ambizioni. La prospettiva è ampia, bisogna trasformare le parole in progetti».
Fonte: Maria Fioretti - Ortica Lab