Nel parlare di sangiovese di Romagna si cade spesso nella tentazione di paragonarlo ai toscani. Come se i sangiovese toscani fossero tutti uguali tra loro e come se i romagnoli fossero così diversi, dai toscani intendo.
Tentazione inutile e fuorviante, da scacciare immediatamente insieme all’immagine di quei Sangiovese super colorati e super muscolari che imperversavano in Romagna fino a poco tempo fa.
Il sangiovese è, per sua natura, sempre diverso, risente drammaticamente di qualsiasi condizionamento, dalla mano dell’uomo al territorio, per non parlare degli andamenti stagionali che nessun vitigno (esagero un po’) subisce quanto il sangiovese. Se pensiamo poi ai legni di affinamento si apre un mondo, con il sangiovese che reagisce assai bruscamente rispetto alla dimensione delle botti, alla loro origine e lavorazione. Ogni fattore esterno, insomma, ha un’incidenza fortissima sul sangiovese che poi alla fine sembra fregarsene di tutto e fa come gli pare, nel senso che lascia spesso la sensazione che qualche particolare è comunque sfuggito alle previsioni e sia diventato l’elemento determinante e, apparentemente, inspiegabile.
Assaggiando tre etichette di Costa Archi, azienda di Castel Bolognese, ho avuto da un lato l’ennesima conferma dell’inafferrabilità del sangiovese e dall’altro del suo animo quasi ingenuo, prevedibile e pertanto “guidabile” dall’uomo; a patto che l’uomo possegga quei requisiti di tenacia e passione che un animale di razza, come è il sangiovese, pretende.
Gabriele Succi, titolare di Costa Archi, è probabilmente arrivato alla conclusione che il miglior modo per rispettarne il carattere ed esaltarne le diversità, è lasciar perdere idee malsane e forzate di assemblaggio o blend che dir si voglia. Con il blend si attenuano gli estremismi e realizzano, probabilmente, vini più equilibrati ma diamo un calcio alla personalità. Ma che te ne fai di un sangiovese per benino, ben vestito ed educato?
E così da tre vigneti diversi, in tre annate diverse e qualche metodo di vinificazione diverso, sono inevitabilmente e volutamente nati tre vini – Assiolo, GS e Riserva Monte Brullo – che ovviamente “parlano” linguaggi palesemente opposti ma lo fanno con lo stesso piglio e la stessa chiarezza d’intenti. Che è quella di chi li ha concepiti. Niente di inspiegabile a questo punto e il sangiovese, come dire, si autodisciplina mantenendo la propria libertà di espressione.
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Ravenna Sangiovese Igt GS 2014
pochi vitigni risentono dei caratteri dell’annata come il sangiovese e il GS non fa eccezione: la mancanza di polpa fa risaltare oltre il ragionevole la forza acida ma alla resa dei conti quello che dovrebbe essere un limite finisce con il rivelarsi un punto di forza che lascia il segno di un vino dal carattere deciso, dal profilo quasi tagliente che dall’ossigenazione non riceve il colpo letale ma, al contrario, “ingrassa” e acquista tono e vigore. A dispetto della valutazione – anche i numeri vanno interpretati – è, fra i tre Sangiovese, quello dotato di maggiore personalità ed è ben viva la curiosità per cosa potrebbe combinare in un’annata meno ostica della 2014.
Romagna Sangiovese Serra Riserva Doc Monte Brullo 2015
pieno, succoso, vino decisamente più espressivo in bocca che al naso dove è pulito ma cauto, con frutto ben presente e accenni di tabacco dolce; è apprezzabile inizialmente per le doti di equilibrio e rotondità, con tannini ben distribuiti, appena terrosi in chiusura, ma, in una seconda fase emerge il carattere e il finale è arioso, sapido, sorprendentemente (in rapporto al calore dell’annata) fresco. È il più rassicurante e bilanciato (ma anche il meno personale) dei tre, ma aveva il vento – leggi annata – a favore.
Romagna Sangiovese Serra Doc Assiolo 2016
evidentemente più giovane degli altri due vini di Costa Archi, l’Assiolo ha dalla sua un frutto dominante, ricco, succoso e ammirevolmente integro, che favorisce l’equilibrio e la bevibilità; una dimensione fruttata cercata e voluta con un affinamento che rinuncia al supporto del rovere pur sapendo di scontare, sul piano della complessità, qualche piccola lacuna nei confronti delle altre etichette. Nei fatti è piacevolissimo, merita il giusto risalto e ha tempo e margine per salire di quota.