Ho un debole per i vini dolci. Ne compero in quantità che eccedono di molto il mio modesto consumo.
Evito gli sciropponi zuccherosi: che siano dolci o secchi, i vini hanno da essere tutti bevibili. Freschezza, dunque, in quantità sufficiente (e necessaria) a tenere a bada il residuo zuccherino. Nei casi più fortunati, al vero fedele può manifestarsi la sacra trinità: acidità, dolcezza, ossidazione. Miracolo che si perpetua con frequenza tradizionale in alcune cantine della Toscana.
Profumi da drogheria, con una noce che ti si piazza davanti e non si toglie più. Poi albicocca, mandorla dolce, cannella, dattero, mela annurca, legno di cedro, tabacco da pipa e, insomma, lo sapete come sono i vini dolci da bacca bianca. Il sorso è insieme carezzevole e fremente, eppure viaggia meno spedito rispetto ad altre annate. Sarà stato il calore di quell’estate, però manca quello spunto brillante che ricordo, ad esempio, nella 2000.
Mi tocca togliergli un paio di punti ma la bontà c’è tutta.
Fonte: Nicola Barbato - Intralcio