Chardonnay in purezza da vigne vecchie di almeno 40 anni di Cramant, prodotto solo nelle annate ritenute eccezionali, senza malolattica, senza filtrazioni.
Uno Champagne vecchio stile, talmente buono che delle due l’una.
O lo si beve da soli, che se lo si ha tra le mani di certo lo si merita, o lo si beve con qualcuno di davvero speciale, che quindi se lo merita di conseguenza. Nessun’altra opzione dovrebbe, nei fatti, esser ammessa.
È la terza bottiglia che stappo di questa annata ed è sempre un volo in un altro sistema, parallelo. L’aspetto più intrigante, che condivide con diversi attuali Champagne che piacciono tanto a noi enotossici, è la contrapposizione tra una sensazione più avvolgente e matura, in questo caso data da fermentazione e maturazione in legno, e una parte più accesa, diciamo accecante, graffiante, sapida e acuminata, da brivido artico. Subito è la mela renetta, ma di quelle che hanno toccacciato già in diversi, una mela in qualche modo livida. E via andare di crosta di pane, scorza candita, quel tostato che viene a va.
Si insinua anche una sensazione floreale, ma forse è solo perché si chiama Fleur de Passion (passiflora), chi sa?! Insomma il naso è così, tra l’ammiccamento e la consolazione. Poi lo assaggi e improvvisamente da una luna passi e vederne due. Come con Murakami. E ti trovi nel mezzo di una tormenta di neve, la colonna vertebrale irrigidita da un brivido imperituro, che è adrenalina allo stato puro. Sapidità, mineralità, tensione.
Chiamatela un po’ come vi pare. Questo Champagne è un giro sulle montagne russe.
Fonte: Intralcio.it