Ai tempi in cui si poteva ancora girare io l’ho fatto. Dalle Langhe per esempio sono riuscito a portare via con me un bel po’ di suggestioni riguardanti le nuove produzioni di Barolo e Barbaresco. Così oggi parliamo dei Barolo, dei Barolo attualmente in commercio. L’annata prevalente è la 2016, ma non mancano i “ritardatari”, ancora in pista con la 2015 o in alcuni casi (pochi) addirittura con la 2014. Senza contare poi i Riserva o certe selezioni di vigna, che possono arrivare ad abbracciare vari millesimi.
Comunque sia, a costo di ripetermi, io dico che di fronte a un’annata importante come la 2016 non puoi non vedere il bicchiere mezzo pieno. Tanti i Barolo all’altezza, non infrequenti i grandi conseguimenti. D’altronde, per il tardivo nebbiolo, niente di meglio che una vendemmia tardiva per garantire equilibri, struttura, profumi, freschezza, stabilità chimico fisica, integrità e presumibile potenziale evolutivo; una annata che ti vien facile quindi annoverare fra le imprenscindibili dell’ultimo decennio, dove l’unico rischio all’orizzonte, che peraltro accomuna molte denominazioni e molti distretti vinicoli, è il temperamento alcolico, eloquentemente assestatosi su valori significativi, aspetto quest’ultimo con il quale i vignaioli e gli enologi langaroli devono e dovranno fare i conti.
Inutile ribadire inoltre che in una annata del genere la significatività di un cru rispetto a un altro tende a fare la differenza. Se ci mettiamo poi la sensibilità interpretativa dei vari “manici” il gioco è fatto. Ovviamente non mancano le sorprese, sia positive che non, ma è pur vero che l’elettività di un microambiente o il comprovato talento di un vinificatore non te li inventi là per là.
Per quanto riguarda i vini dell’annata 2015 invece, sicuramente più calda, precoce e generosa della 2016, la fisionomia prevalente accoglie una maggiore concessività sia ai profumi che al gusto, con assetti più pronti e generalmente meno contrastati e austeri rispetto ai 2016, in grado di offrire però una piacevolezza “comunicativa” a fronte di un avviluppo alcolico dolce e confortevole, e dove non mancano positive sorprese da quando ti accorgi come certi versanti sulla carta meno felici abbiano contribuito a preservare nei vini reattività e freschezza, inalienabili doti per garantire una buona riuscita.
Due annate all’altezza insomma, con una preferenza da accordarsi alla 2016 in virtù di una migliore articolazione gustativa, di una più complessa stratificazione tannica e di una maggiore freschezza di base, anche se trattasi di vini perlopiù di lunga gittata, in questa fase della parabola vitale spesso caratterizzati da un impianto nobilmente austero in cui la tridimensionale statura tannica – fitta e matura – preconizza di già una evoluzione importante nel segno della profondità.
Le note di degustazione che seguono, divise in due parti per rispetto verso il paziente lettore, sono state ordinate secondo l’alfabeto, non secondo preferenza. Per quest’ultima ci affideremo come sempre alle parole, ma anche ai silenzi. Quel che è certo è che per gli appassionati del genere potrebbe ingenerarsi il fatidico imbarazzo della scelta, se non ci pensassero poi i prezzi -in tendenziale e costante aumento- a rintuzzare gli entusiasmi di un acquisto compulsivo. Ma questo è un altro spinoso argomento sul quale magari un giorno ci torneremo su.
ETTORE GERMANO
Barolo del Comune di Serralunga d’Alba 2016 – Salato, teso, profilato, bilanciato, sodo: pura essenza di Serralunga!
Barolo Cerretta 2015 (Serralunga) – Bello il lato floreale ad ingentilirne il tratto aromatico, mentre la solidità e la densità materica, tipiche del cru, si stemperano in un disegno pregevole per espressività e chiarezza espositiva.
Barolo Riserva Lazzarito 2013 (Serralunga) – Tratto affumicato, tenacità e spessore; parte lento per poi finire lungo e sapidissimo, rilasciando una provvidenziale sensazione di freschezza, checchennedica il tenore alcolico.
Fonte: Fernando Pardini - Acquabuona