La vendemmia 2019 ha fatto registrare un calo della produzione non trascurabile (colpa delle rigide temperature di maggio), ma arriva comunque una buona notizia da Cantine dell’Angelo. Dopo l’uscita del cru Torrefavale nel 2014, sta per fare il suo debutto un bianco da sole uve coda di volpe targato 2018, per il quale, a dispetto del punto interrogativo che compare in etichetta (almeno per ora), credo si possa comodamente usare il punto esclamativo!
Non solo greco a Tufo
La presenza dell’uva coda di volpe a Tufo e nei restanti 7 comuni della denominazione è fatto noto. Lo stesso disciplinare di produzione del Greco di Tufo ne consente ancora oggi l’uso in misura massima del 15% (almeno sulla carta, perché ormai tutti vinificano uve greco in purezza), utile a mitigare la sferzante acidità propria del greco.
Ad oggi la superficie vitata a coda di volpe a Tufo è stata pressoché azzerata: «negli anni del boom del greco – ricorda Angelo Muto – nessuna delle grandi aziende era disposta a pagare lo stesso prezzo per i grappoli di coda di volpe». C’è stato poi da fare i conti con le caratteristiche stesse di questa varietà, che non è eccessivamente vigorosa, presenta una bassa fertilità delle gemme e una produzione incostante, ed è molto sensibile alle condizioni climatiche e alla peronospora. Si aggiunga, infine, che se il livello di zuccheri alla raccolta è mediamente elevato, l’acidità totale è, al contrario, piuttosto bassa.
La nuova etichetta Dell’Angelo
Dopo un attento lavoro di recupero delle marze, nel 2014 Angelo Muto ha reimpiantato circa 3 mila metri di terra, un piccolo appezzamento che fu del nonno materno (che di nome fa Angelo) in località San Marco. A causa della gelata del 2016, s’è dovuto aspettare la vendemmia 2017 per avere qualche grappolo, e nel millesimo 2018 sono state prodotte le prime pochissime bottiglie.
Il credo di vinificazione non si discosta poi molto da quella che ispira la produzione sia del Miniere che del Torrefavale, e prevede 12 mesi sulle fecce fini in acciaio. Dal 6 ottobre in bottiglia, il vino sarà commercializzato nei prossimi mesi. Solo 12 gradi e mezzo di alcol per un bianco che non rinnega la sua dimensione “operaia”, quella di un vino dalla spiccata vocazione gastronomica, ma che sembra persino guadagnare maggior garbo al naso*, con un sorso ben bilanciato, che si allarga in bocca, ma senza andare fuori giri.
La dedica è per i due nonni Angelo e Antonio.
* i vini che si ottengono da questa varietà autoctona campana sono generalmente avari di profumi.