10 vini italiani che per i motivi più diversi anno segnato il decennio 2010-2019, tra mutamenti e nuove tendenze, da Nord a Sud, e perché.
Sì, i decaloghi del decennio riescono talvolta nell’incredibile impresa di riassumerne il peggio, a mia discolpa posso però dire che se un anno solare è troppo breve per parlare del vino “versato” dieci sono un tempo sufficientemente rilevante per provare a tirare alcune somme. Senza alcuna pretesa di esaustività ho provato quindi a radunare 10 vini che hanno segnato il periodo 2010-2019. Andiamo.
Se a guardare indietro il 2010 sembra lontanissimo è anche vero che già allora stavano iniziando a farsi strada alcuni dei temi che hanno poi dominato le conversazioni sul vino del decennio che si chiuderà questa notte: dagli scontri ideologici tra vini “naturali” e vini “convenzionali” all’ascesa dei vini frizzanti a rifermentazione in bottiglia. E ancora: la messa in discussione di alcune politiche consortili, la biodinamica nelle università, l’improvvisa ascesa di alcune zone del Sud.
Il Sabbie di Sopra il Bosco di Nanni Copè
È notizia di qualche giorno fa che quella del 2019 è stata per Giovanni Ascione l’ultima vendemmia del suo “Sabbie”. Un rosso che in appena una decina d’anni (la prima annata è quella del 2008) non solo ha dimostrato le potenzialità di una delle zone meno conosciute della Campania, il casertano, ma ha anche aperto uno squarcio, se ancora ce n’era bisogno, sulle straordinarie virtù di tantissimi vitigni ancora poco noti, lontani anni luce dalle denominazioni più famose. Una considerazione che valeva allora per il pallagrello nero (!) e che è tutt’ora valida per uno numero quanto mai rilevante di varietà che aspettano solo di trovare la persona capace di interpretarle, di comunicarle, in generale di valorizzarle nel modo giusto. Nanni Copè ci ha dimostrato che è possibile.