Nanni Copè chiude. Anzi, smette. Perchè Giovanni Ascione preferisce usare questo verbo dopo dodici anni di straordinarie vendemmie che ci hanno regalato vini di stile bordolese indimenticabili mentre tutti parlavano, e parlano, di Borgogna.
Una avventura umana straordinaria, simile alla vicenda di Silvia Imparato con il Motevetrano: nessuna tradizione familiare, poca storia territoriale, una grande cultura delle relazioni umane e una speciale capacità di viaggiare traducendo il proprio essere provinciali in cittadini del mondo che cambia, che cambiano il mondo.
La vigna di pallagrello e aglianico che ha fatto nascere Sabbie di Sopra il Bosco, uno dei rossi più premiati d’Italia, è stata venduta. Resta quella di bianco che è da poco in commercio, uno straordinario 2018.
Giovanni Ascione è uno specialista nel cambiare vita, perciò il motto di Nanni Copè è stato, ed è, “una vita, tante vite”. Lo fa “per vedere di nascosto l’effetto che fa” (cit. Iannacci). E’ stato prima a lungo manager di azienda, poi a cominciare dalla fine degli anni ’90 si dato anima e corpo all’enologia e alla gastronomia prima da ristoratore (Le volte di Annibale e Bacco a Caiazzo) poi da scrittore, consulente e degustatore di eccellenza, con una visione laica e umanistica del vino, infine dal 2008 come produttore di rosso realizzato con pallagrello, aglianico e casavecchia.
Un rosso squisito, ancora giovane e straordinario in tutti i suoi millesimi, poco meno di diecimila bottiglie che hnno fatto prezzo dagli iniziali 14,50 euro sino ai 18,50 per non parlare dei 70 euro di R2 e dei 29 euro a bottiglia delle circa 400 cassette da sei dove ci sono tre 2015 e tre 2016 della Riserva Personale.
Il bilancio di questa strepitosa esperienza è fatto dallo stesso Giovanni Ascione nella consueta chiacchierata annuale che da sempre ci facciamo nel nostro pranzo di fine anno.
“Caro Luciano, abbiamo dimostrato un po’ di cose.
1-Non esistono mercati chiusi e maturi.
2-Nel successo del vino non contano i social, conta solo se la bottiglia finisce presto e viene riordinata
3-Autoctono non significa automaticamente rustico
4-Si possono fare vini eleganti anche in Campania
5-Se si fanno le cose bene si può dare (e chiedere) valore ai prodotti
6-I buoni risultati si ottengono solo quando il produttore è strettamente coinvolto, i consulenti da soli non bastano per quanto bravi possano essere
7-Un Pallagrello nero o un blend di Fiano /Asprinio possono trovarsi a proprio agio in qualsiasi posto al mondo o anche in un caveau svizzero di un fondo di investimento”.
Questa strada di succcesso si costruisce con tanta cultura umanistica, che fa del bicchiere non il punto di arrivo ma quello di partenza, incrociata alla pignoleria e al sacrificio sono dunque i presupposti per creare qualcosa di importante ovunque si trovi la vigna.
Ma perché Giovanni Ascione smette di fare vino? Perchè Nanni Copè chiude? Semplicemente perché è stanco della fatica fisica che questo lavoro comporta, non era più possibile incastrare questi sforzi con i figli che crescono e le consulenze. Esce di scena così come è entrato, con un silenzioso fragore.
I suoi vini straordinari come il Galardi, il Montevetrano, i Taurasi di Moio, sono i grandi rossi campani capaci di fare prezzo a livello dei più importanti vini italiani. Resteranno ancora a lungo a far parlare di Giovanni e della sua capacità di esprimersi al massimo livello. Senza mediazioni, senza astuzie, senza scorciatoie. L’unico modo per passare dalla cronaca degli inutili vini, magari buoni da bere, a quelli che fanno poi la storia del vino.
Il nostro pranzetto di fine 2019 baciato dal sole sulla terrazza di Abraxas a Pozzuoli non è stato malinconico, ma allegro inno alla intelligenza produttiva e commerciale di cui si sente il bisogno in ogni campo. L’intelligenza è agire con cultura presupponendo che l’interlocutore sia di alto profilo. L’astuzia e la furberia sono efficaci solo con Polifemo.