Che il sangiovese abiti ormai da lunghissimo tempo la Valle del Rabbi c’è da giurarci. Le testimonianze e gli scritti in tal senso si sprecano. Anzi, probabilmente ci troviamo in uno dei distretti vitivinicoli più antichi di Romagna, circostanza non banale che ne ha decretato una reputata nomea a livello regionale, legata anche al fatto che le regole qui, più che altrove e prima che altrove, sembrava volessero sposare un’idea finanche attualizzata di qualità a tutto tondo.
Ora, parlando di vino con la gente del posto una cosa l’ho imparata: un conto è dire Predappio, un conto è dire Predappio Alta, che è come andare al cuore del discorso. Io mi sono imbattuto bene, e in questa valle ho fatto la conoscenza di due realtà distintive: la più storica e radicata sul territorio, Nicolucci, che sta a Predappio Alta sotto la rocca antica, e poi Noelia Ricci, recentissimo marchio di Tenuta Pandolfa, con epicentro a Fiumana, nella splendida villa seicentesca che domina la valle lungo la statale che porta a Forlì.
Da Nicolucci ho incontrato vini di “lunga gittata”, complessi e nobilmente austeri, dove il sangiovese acquisisce una statura autorale grazie alla qualità tannica, figlia legittima di suoli poveri, galestrosi e calcarei di alta collina (ci troviamo attorno ai 400 metri slm); da Noelia Ricci un Sangiovese più fruttato e “delicato”, caratterizzato da una flessuosa eleganza e da un garbo tutto suo, a rifuggire qualsivoglia tentazione estrattiva per esprimere al meglio una bevibilità coinvolgente fatta di dettagli e premure.
Due “timbriche” diverse, due stili diversi che ci fanno capire come anche a Predappio (e dintorni) l’eterogeneità dei suoli e dei microclimi sparigli e di molto la credenza pregiudiziale che vorrebbe derubricare la Romagna del vino come una sorta di appiattimento omologante indirizzato su generosità di frutto e temperamento alcolico. Questa lunga trasferta ci ha dimostrato che non è così, quantomeno oggi: le “ragioni dell’Appennino” e delle “terre alte” si sono fatte valere anche in questo caso.
Per completare l’opera non resta che fare un ulteriore sforzo di pensiero e di prospettiva: togliamo a Predappio quella connotazione tanto fastidiosa quanto monotematica legata a certi personaggi (uno, per la verità) che qui sono nati (il cui nome manco lo voglio ricordare) e che hanno segnato nel profondo la storia del nostro Paese. Predappio può ben essere inquadrata sotto un’altra luce, più pacifica e meritoria, che attiene alla terra e ad essa sola. Una luce, peraltro, che porta a sognare, e questa sì che sarebbe una rivoluzione!
Già i primi conseguimenti targati Noelia Ricci, a partire dalla vendemmia 2013, hanno costituito un fulmine a ciel sereno che ha illuminato l’orizzonte romagnolo sancendo definitivamente che un’altra via per il Sangiovese era possibile. Non sono stati i precursori, ma forse i primi a fondare gran parte del loro fascino su una trama intessuta a macramé e su un garbo raffinato fatto di fraseggi sottili, contrappunti e levità. Una fisionomia ispirata da una certa “chiantigianità” d’altura, se vogliamo, così come da una bevibilità disinvolta che subito si lascia ricordare, e che grazie alla sinuosità va addirittura ad intercettare una parvenza di “sentimento borgognone”, tanto per non farsi mancare niente!
Noelia Ricci, a cui queste etichette sono dedicate, è stata colei che ha voluto perpetuare una storia antica nel nome dell’agricoltura in tempi nei quali la gente fuggiva dalle campagne, incentrando il proprio fulcro produttivo nei possedimenti sorti attorno alla splendida Tenuta La Pandolfa di Fiumana, acquistata dal padre Giuseppe Ricci negli anni ‘40 del secolo scorso dopo secoli di appartenenza alla nobile stirpe degli Albicini.
Figlia di un dinamico imprenditore forlivese le cui fortune sono derivate dal commercio del gas, Noelia, dopo la morte del padre. ha costituito il perno su cui si è fondata tutta questa storia a partire dal secondo dopoguerra, ciò che oggi il nipote Marco Cirese, animato da passione autentica, con il supporto prezioso della madre Paola Piscopo, figlia di Noelia, di Francesco Bordini (consulente agronomo/enologo), di Francesco Guazzugli Marini (commerciale e marketing) e della memoria storica aziendale Pino e Paride Bombardi, sta portando avanti con rinnovato estro e con un forte investimento in risorse e mezzi.
I risultati non si sono fatti attendere, lasciandosi alle spalle un passato forse fin troppo succube di una estensione spropositata di vigna e di una produzione perlopiù concepita nel verso dell’ordinarietà, con le visioni nuove ad arricchire un potenziale ancora in divenire ma che già può contare sull’eloquenza della nuova linea Noelia Ricci, punta di diamante dell’intera proposta, lì dove più forte hai la “dipendenza” dalle regole del terroir. Un aggiornamento di idee che ha peraltro fatto da stimolo per un rinnovamento di sostanza, più ancora che di immagine, anche per l’altra linea aziendale, Tenuta Pandolfa, i cui ultimi conseguimenti ci parlano di una accresciuta consapevolezza e di una migliore messa a fuoco stilistica.
Fa specie comunque pensare come le cose cambino al solo salire quei costoni terrazzati di collina: cambia la qualità delle argille, cambiano i colori della terra e cambia l’attitudine nei vini, che si fanno via via più eleganti, aerei e laminati man mano che si sale di quota. Ed è proprio quando la cadenza larga e polposa si fa lontano ricordo, lasciando campo ad una trama più sciolta e slanciata, che le cose (i vini) prendono un’altra piega, e quella piega porta ad immaginare di già una forte valenza identitaria, confortata oggi da una ulteriore certezza: che la strada percorsa fin qui non è stata invano.
I VINI DI UN GIORNO
Romagna Sangiovese Predappio Il Sangiovese 2017 (dalle giaciture più elevate; sono argille gialle e sabbia)
Umori di zolfo, viola e ciliegia si innestano su una trama ritmata e caratterizzata, la cui droiture deve fare solo i conti con un corpo fin troppo magro ed essenziale, figlio legittimo di una annata calda e selettiva per le sorti del tardivo sangiovese.
Romagna Sangiovese Predappio Godenza 2016 (vigna unica, la più alta, a oltre 300 metri slm, affinamento in bottiglia di 1 anno)
Succoso, fresco e proporzionato, risalta la qualità della sua acidità, acidità che accompagna e non ferisce. Il profilo è levigato, il frutto integro, l’intensa nota amarenosa un momentaneo coté aromatico che deve trovare ancora il suo giusto garbo espositivo. Ma il futuro – lo so – è già dalla sua parte.
Romagna Sangiovese Superiore Godenza 2015
Splendida interpretazione di una annata calda, ché non lo diresti: compostezza, amalgama, succosità, snellezza, dinamismo, sale e agrume: è Godenza. What else?
Romagna Sangiovese Superiore Godenza 2014
Longilineo e slanciato, profuma di terra, agrumi e bergamotto, e il suo incedere è come un soffio leggero, a disconoscere gli obblighi del peso e delle leggi della fisica. Persino la bottiglia andrebbe zavorrata, da che l’attitudine è quella della levitazione.
Romagna Sangiovese Superiore Godenza 2013
Colore più saldo e vivo degli altri, lì dove il sentimento “pinotnereggiante” si fa evidenza: è succoso, fresco, tonico, vitale. Le note di ciliegia nera e rabarbaro solo un commento ad un vino che conquista, la cui saldezza resta dissimulata in grazia e in candore.