Bere un Nebbiolo delle Alpi, quello prodotto con le uve delle Rupi del Vino, è sempre un piacere, ma provarne uno dei fratelli Pelizzatti Perego per me lo è ancor di più!
Si tratta di un mix di empatia ed emozioni legate ai ricordi dei miei primi assaggi, in cui amici e colleghi ben più navigati di me hanno condiviso in diverse occasioni delle bottiglie che risalivano alla fine degli anni ’80, quelle del ritorno dell’Azienda nelle mani di Arturo.
Stavolta il merito è stato dei ragazzi di Vinodromo, che ho avuto modo di conoscere in una delle mie vistite all’ombra della “Madonnina”, e grazie ai quali ho provato per la prima volta Il Pettirosso 1999: comprato e riassaggiato!
È un vino nato nel 1997 grazie ad un episodio alquanto singolare, legato ad un pettirosso che è entrato in cantina (cosa che accade raramente) e si è posato su di una vecchia botte, cinguettando quasi a voler dire qualcosa.
Il caso ha voluto che Isabella, pochi giorni dopo, assaggiasse proprio un campione di quella botte, riscontrandone una perdita ed appurando una maggiore prontezza di quel vino: cosa che la indusse ad imbottigliarlo insieme a quello di altre botti in cui era più “maturo”, con un’etichetta dedicata proprio a quel piccolo uccellino.
Questo 1999 è stato vinificato e maturato in acciaio per 34 mesi, poi elevato per 48 mesi in botti da 50hl prima che le diverse masse venissero uniformate nuovamente in acciaio e poi imbottigliate.
Nel calice è vivo e denso, tinto d’un rosso granato poco concentrato che si dissolve verso l’orlo del bicchiere. Del naso si potrebbe fare una telecronaca per la sua mutevolezza di minuto in minuto. In prima istanza sono emersi profumi di frutta macerata in alcool, come la ciliegia ed il ribes, poi il ventaglio olfattivo si è arricchito di un infuso d’erbe, di fiori appassiti, di toni terrosi, di corteccia e di incenso, rivelando alla fine delle nuance agrumate che ricordano la scorzetta d’arancia candita.
In bocca ha un’eleganza aristocratica, è caldo e voluttuoso in ingresso e ravvivato da una buona dose di freschezza, che lo sorregge in simbiosi con dei tannini ben rifiniti ed una stimolante sapidità. Il quadro è completato, infine, da una lunga scia terrosa ed agrumata.
Ho avuto modo di apprezzare al meglio Il Pettirosso tra i 16 ed i 18°C, godendone l’evoluzione in un ampio calice per l’intera serata. Personalmente ritengo che possa essere il degno compagno di un Petto d’Anatra laccato all’Arancia.
Fonte: Antonio Indovino Sommelier