L’altra sera stavamo palleggiando con il tannino del Clos du Fonteny 2016 di Bruno Clair, giusto per capirlo, quando una voce di provenienza anonima si è inerpicata nei padiglioni auricolari approfittando del mio abbandono sensuale verso il vino. Diceva: “è uno dei più buoni bevuti quest’anno!” D’ istinto mi sono inalberato, un po’ perché non avevo ancora le dimensioni del vino che stavo sorseggiando e poi soprattutto perché per collocare qualcosa in cima ad una scala, occorre prima di tutto la presenza della scala.
Che brutto! Stilare classifiche sa di ansia tassonomica, sa di smania competitiva. Così si sviliscono le nostre relazioni personali con le bottiglie, che non possono alienarsi dal reciproco moto perpetuo, il nostro e quello del vino. Oltretutto è terribilmente demodé e assolutamente contradditorio nei confronti della mia passione per il vino naturale.
Tuttavia, ci sono bottiglie che hanno un universo classico dipinto, le senti echeggiare canoni tradizionali, comprendi che il quid plus interpretativo non è epocale, ma non puoi esimerti dal sdilinquirti di fronte a cotanta grazia.
Non hanno la potenza della contemporaneità? Ecchissenefrega! Emozionano comunque coloro che non si pongono ideologicamente. Focalizzarle in mezzo alle altre e considerarle dei riferimenti serve a restringere, almeno in parte, una galassia per sua natura inconoscibile. Strappando dal flusso indistinto delle memorie sfumate nell’alcool e decriptando brandelli di annotazioni degustative, si è infine concretizzata una listarella che, ahimè, sembra un po’ scontata, sebbene – a sentire il direttore – autorevole. Dal canto mio, confido nell’anno a venire sugli esami di riparazione.
CHAMPAGNE EXTRA BRUT BDB VIEILLE VIGNE DU LEVANT 2008 LARMANDIER BERNIER
Una spremuta di territorio. Pare un diamante così puro nella sua limpidezza da rimbalzare le emozioni con la sua trasparente impenetrabilità. Ma così come quando scomponi la luce realizzi la complessa varietà dei suoi colori, alla stessa maniera, se ti soffermi a valutare la pulizia della sua salgemma, la polverosa grassezza del suo gesso, i vapori iodati di conchigliame, non puoi che inchinarti alla sua rivendicazione di appartenenza. Dell’agrume poi non si getta nulla e quindi la buccia verde del bergamotto, il succo del limone, il bianco amarognolo ma non amaricante del cedro. E le ossidazioni del fieno che è nel momento di passaggio tra il verde ed il giallo. Luce bianca, silenzi, cieli plumbei, colori freddi e poco saturi come in un’istantanea di una plaga nordica. Dicono che in amore vinca chi fugge, lui è sempre in fuga.