C’era una volta lo Chardonnay
Mentre tiravo giù l’ultimo delizioso sorso di Ronco Pitotti Chardonnay 2014 di Vignai da Duline un senso di benessere diffuso ha chiarito i miei pensieri sulla relazione traquesto vitigno e il legno.
Scottato da troppi Chardonnay italici bevuti negli anni Novanta vinificati in stile borgognone–ma di Borgogna avevano solo la pretesa di ricalcare il modello divinificazione e la velleità di esprimere la stessa materia – in passato ho chiuso il cuore verso gli chardonnay vinificati e affinati in legno, stremati in realtà alla fine di un percorso chenon lasciava sapore o succo in bocca ma solo dolcezza e sensazioni amare. Ci è voluto qualche anno per tornare soltanto ad avvicinarsi a tali vini. Anni in cui il mio approccioalla degustazione è cambiato profondamente. Il Ronco Pitotti infatti rivela a livello aromatico lesensazioni di dolcezza tipiche delle vinificazioni in barrique. Aromi a livello ortonasale piuttostostatici e, devo dire, banali. Nella materia però scorre la vibrante dinamica capace di generare il complesso gusto-olfattivo che dona articolazione alla monocorde speziatura congenita a tale metodo di fermentazione e affinamento (almeno per lo chardonnay). È quindi nella seconda parte della degustazione, nella memoria olfattiva scaturita da elementi tattili e gustativi che il vino esprime il meglio di sé anche nel corredo aromatico.
La riprova l’ho avuta giusto ieri sera. A tavola con amici abbiamo stappato Bouzereau Les Perrières 2012, celebre premier cru di Mersaulte lo Chardonnay Bajoicien 2013 del Domaine Labet, azienda dello Jura, regione al top della tendenza negli appassionati di vino. La “competizione” tra i due è stata avvincente. Labet ha conquistato per la sua essenziale austerità e la capacità di infiltrare il palato di sapore attraverso il minimo ingombro materico. Il Borgogna ha dapprima sgomitato attraverso la sua imponente struttura non priva di una certa dolcezza. Ma nel palato, oh signori, ha esibito numeri da fuoriclasse. Ti chiedi come sia possibile che una tale stazza possa avere anche la virtù della leggerezza. Anche per lui, vale il discorso del Ronco Pitotti, l’espressione olfattiva iniziale poteva tradire ungiudizio poco reale, a fronte poi della delicatezza espressiva del Bajoicien. La complessità delgusto ha rivelato il potenziale aromatico da vino indimenticabile.