Lo ripeterò fino alla nausea: per un bilancio sensato sulle varie annate dei bianchi irpini e campani bisogna sempre attendere almeno l’autunno successivo alla vendemmia. È in questo periodo, del resto, che vengono commercializzati alcuni “ritardatari”, regolarmente indicati tra imigliori dei rispettivi distretti. Vado allora ad aggiornare il “bollettino” con qualche rapida nota su un gruppo diaziende ormai stabilmente ai piani alti dell’hit paradebianchista nazionale. Non prima di aver ribadito la mia piena sintonia con i 2015. Specialmente per quel che riguarda i Fiano diAvellino: sempre più convinto delle affinità con millesimi tipo 2003 (per polpa fruttata) o 2006 (per nitidezza aromatica), che tante soddisfazioni stanno dando anche nell’evoluzione. E al contempo incuriosito da una vendemmia che in ultima analisi non assomiglia a nessun’altra, e gioca una bellissima partita di energia e sapore. Si confermano invece un gradino (e mezzo) sotto i Greco di Tufo, fin troppo schiacciati su timbriche mature e cerealicole, ma soprattutto in debito di articolazione sapida e fusione nervosa. Le eccezioni tuttavia non mancano e gli interpreti più ispirati e personali si rivelano ancora una volta all’altezza. Chiave di lettura che torna utile per inquadrare i migliori bianchi daFalanghina, Sanni o o Campi Flegrei che siano: il livello medio delle riuscite non pare così interessante come nella 2012 o 2013, ma quelli buoni lo sono parecchio. Così come si coglie la crescita di consapevolezza stilistica su tipologie teoricamente non certo favorite dall’andamento climatico di annate come la 2015,Pallagrello Biancoin testa. Dopotutto, ci credo davvero quando dico che per la Campania in bianco il meglio debba ancora venire.
Agnanum – Falanghina dei Campi Flegrei 2015