Sangiovese di Romagna: ultime impressioni di assaggio
Una tipologia che può dare grandi soddisfazioni al bevitore, ma ancora chiaroscurale negli esiti.
O meglio,per la legge recente: Romagna Sangiovese.
Scrivo impressioni di assaggio perché alcune decine di vini non costituiscono certo un rilievo statistico probante. Un paio di mattinate fa ne ho degustati una cinquantina, di annate tra il 2012 e il 2014, tutti in uscita o appena usciti sul mercato.
Sulla falsa riga (che vorrà dire poi falsa riga) di cliché quali “i rossi di Bolgherisono potenti e alcolici”, “certo, i Barolo sono grandi, ma vuoi mettere il piacere di un bel Grignolino”, “in Franciacorta non hanno un grande terroir”, e simili, tra addetti ai lavori è da anni in voga la semplificazione di comodo, ma in fondo veritiera: “se un Sangiovese di Romagna è riuscito, è meglio di un Sangiovese toscano, ma in media sono di sicuro inferiori”.
In effetti pare che ancora oggi sia così. Per alcuni esemplari davvero buoni, o addirittura eccellenti, ce ne sono non pochi esitanti sul piano esecutivo. E soprattutto, ce ne sono non pochi ancora prigionieri di un modello produttivo ormai largamente anacronistico: frutto a maturità spinta, alte gradazioni alcoliche, eccessiva estrazione tannica, uso smodato e a tratti proprio caricaturale del legno nuovo, gusto gonfio e flaccido. A me dispiace anche a livello cromosomico, dal momento che sono per metà romagnolo. Comunque, vediamo il bicchiere mezzo pieno. Alcune aziende spingono molto meno sull’acceleratore e danno respiro e spazialità ai vini. Il che si traduce in soldoni in una maggiore freschezza e bevibilità. Un paio di nomi, uno già abbastanza affermato, l’altro meno noto (almeno a me). Molto piacevole, aggraziato, leggero ma non vuoto il 2013 del Godenza di Noelia Ricci, un’edizione forse meno luminosa di altre annate, ma di comprovata facilità di beva.
Fonte: Il Bottigliere