Appena arrivato dall’azienda, questa cuvée insolita (94% Chardonnay, 6% pinot blanc), fa scattare la molla dello stappo, cioè tocca aprirla, dopo le canoniche due ore di riposo dal viaggio.
Il naso è restio, sulle prime: una certa intensità, di quelle adolescenziali, però, sbracciata; non ci mette invece molto a precisarsi, sebbene questo Champagne sia tutto meno che un vino “preciso”. Timbro personalissimo, realmente insolito: ruggine, ostriche macinate, fumé, minerale scuro; avvincente, ma sfidante (via, scriverò “challenging”, vuoi mettere se fa più figo?); bocca impietosa, ruggente in tono basso, guidata da un paradossale formicolìo acido (© mio), guizzante ma con un centro di sapore presentissimo, traghetta su un finale molto lungo, chiaro, vibrante. Qualche tempo dopo, rimettendo il naso, è puntualissima una nota di botanicals, evoca il gin (il che apre scenari nuovi per creare uno Champagne – tonic, volendo), e lucida ancor più la nota marinara e di fumé, che a me piace non poco (è un fumo di camino, non fumo di tostatura da barrique o da whiskey, per capirci).