Agnanum – Raffaele Moccia
Detto già di conigli, terrazzamenti, spalatroni, pergole puteolane e del nuovo giocattolino a ruote motrici con cui Lello Moccia scorrazza allegramente su pendenze da Kitzbuehl (link e link), ci spostiamo in cantina per le “nuove” uscite firmate Agnanum.
Ancora troppo presto per i 2017: da vasca si annunciano sulla falsariga dei rispettivi – sgargarozzosi – 2015. Con accenti più solari sulla Falanghina e trama giovanile forse mai così rifinita sul Piedirosso, pardon, Per’e Palummo.
I 2016 imbottigliati, invece, sembrano quasi i loro alter ego.
La Falanghina “base” (per non confonderla col Vigna del Pino): doppia anima fruttata (nespola, mandarino, mela annurca) e terrosa (tuberi, pietra focaia, das), un tocco spontaneo tra erbe secche e iodio che fa tanto Roussillon. Saporito, gustoso, più orizzontale e asciutto del previsto nella progressione palatale.
Il Piedirosso “base” (sempre per non fare confusione con le poche bottiglie di Vigna delle Volpi): naso spettacolare tra arancia tarocco, gelsi, fragoline, fiori blu, bocca più dritta che lunga, un filo ruvida in chiusura. La tenuta nel bicchiere e il ritorno salato-vulcanico a effetto ritardato consigliano di pensarlo soprattutto in prospettiva.