Ogni volta che degusto certi vini della Rioja mi torna in mente il bel libro di Noah Gordon, “Il Signore delle Vigne”, Rizzoli.
Il libro descrive una tenera storia d’amore e un intrigo politico i cui tentacoli sembrano non volersi disarticolare. Il protagonista è il catalano Josep, che imparato il mestiere di vigneron in Linguadoca, tornerà nell’arido suolo di Santa Eulàlia per fare il proprio vino, anziché quel vino da aceto che la sua famiglia aveva prodotto da sempre. C’è nel racconto un sintetico riferimento al tempo che fu delvino spagnolo, minacciato da un calore così crudele da far degenerare il mosto durante la fermentazione, obbligando difatto i vignaioli a vivere di incerte situazioni vitivinicole e soprattutto poco remunerative. Ma l’amore per la vite avrà il sopravvento e il cambiamento logistico delle cantine, dall’esterno al sottosuolo, farà il resto.
E di vero amore per la vite, in questo caso per l’uva Viura, si può parlare per famiglia López de Heredia y Landet, che dal 1877, a Haro, nella Rioja Alta stupisce il mondo dei veri degustatori di vino con eccellenze senza pari: astrali sono le armonie gustative dei Rosè Gran Reserva. Il vino in visione organolettica è invece il Viña Tondonia Bianco Reserva 1996, appena uscito sotto la denominazione Vinos Finos de Rioja. Si tratta di un 90% di Viura e resto di Malvasia, affinato per 6 anni in barrique, travasato due volte all’anno e chiarificato con bianco di uova fresche. Ne esce un colore dorato stupefacentemente ancora chiaro, con un complesso odoroso di un’irridente espressivitàminerale e vegetale -pietra di focolare e paglia seccatasi al sole-, una sponda olfattiva floreale che si appassisce sulle note di fiori gialli in odor di camomilla e soavi contorni di rosa bianca selvatica. Nonostante che la scheda tecnica riporti 6 grammi di acidità, la poveretta non riesce a intaccare la maestosità della sapidità e la levigatezza della morbidezza, relegandosi a un ruolo di non protagonista, ma indispensabile, attore della durezza. Infine l’alcool e le sue pericolose intemperanze pseudocaloriche, Qui è un personaggio tattile piuttosto snobbato, è utile per costruire l’effetto “grasso” in morbidezza, e la sua fusione con la struttura è così ben coesa che lascia il calore così disparte da consentire la perfetta degustazione a 12-14°C.
Roberto Bellini
Fonte: Bibenda7